Leoncino
(se usi lo smartphone clicca sull'immagine)

L'Unione Astronomica Internazionale ha sancito nel 1922 l'esistenza di 88 costellazioni ufficiali i cui confini sono stati definitivamente delineati nel 1930 dall'astronomo belga Eugène Joseph Delporte. Di tutte queste costellazioni 42 si riferiscono ad animali, fra i quali ne risaltano alcuni puramente leggendari, come il Dragone, il Pegaso, l'Idra e la Fenice, tanto per citare i più famosi. Abbiamo un paio di ibridi come il Centauro e il Sagittario, in parte uomo e in parte bestia; le rimanenti, poco più della metà, si riferiscono a una nutrita miscellanea di altri soggetti. Alcune costellazioni erano cono­sciute sin dai tempi dei Babilonesi, mentre altre sono state introdotte solo in tempi più recenti per colmare alcuni vuoti lasciati nella volta stellata, soprattutto nel cielo meridionale: il principale artefi­ce di quest'opera di … incasellamento è stato l'abate Nicolas-Louis de Lacaille (1713-1762) che ne ha inventate 14. Fra gli animali, poi, spiccano tre simpatiche coppie costituite dall'adulto e dal relativo cucciolo: tali sono l'Orsa Maggiore e l'Orsa Minore, il Cane Maggiore e il Cane Minore e da ultimo il Leone col Leoncino o Leo Minor.
Questa piccola costellazione di 232 gradi quadrati è incastonata tra il dorso del Leone, che troneggia col suo cospicuo asteri­smo, e i piedi dell'Orsa Maggiore. Era sconosciuto in antichità, anche se antichi astronomi famosi come Arato e Telomeo avevano notato una sorta di lacuna stellare in questa plaga tra l'Orsa e il Leone. Di fatto, il Leo Minor è stato introdotto soltanto nel 1687 da Hevelius nel suo atlante deno­minato Firmamentum Sobiescianum, riprodotto in fondo alla pagina, ed è costituito da stelline deboli. Non è comunque difficile da localizzare, ma per prima cosa occorre rintracciare una piccola losanga situata nella parte meridionale dell'Orsa, subito a sud della coppia λ-μ, con la diagonale maggiore posta grosso modo lungo la dire­zione est-ovest. Questa losanga è formata dalle stelle β, 21, 30 e 46 LMi (quest'ultima è anche la più brillante). Si tratta di 4 stelline piuttosto insignificanti, ma se le passiamo brevemente in ras­segna, come facciamo di solito, sarà più facile identificarle in cielo quando ci troveremo sul campo.
Inizieremo proprio dalla 46 LMi, riportata come "o" LMi su alcuni storici cataloghi stellari come quello del Bode (la "o" tuttavia si riferisce alla lettera latina e non alla omicron greca). Dal momento che si tratta della stella più brillante è strano che l'astronomo inglese Francis Baily non gli abbia assegnato la lettera Alfa come ha invece fatto con la β: misteri della storia! È una gigante aran­cione di classe spettrale K0 distante poco meno di 100 anni luce e 30 volte più luminosa del Sole. Solo per la cronaca aggiungiamo che possiede il nome latino di Praecipua, datogli da Hevelius, evidentemente per indicare che si tratta appunto della componente più luminosa della costellazio­ne.
β è un sistema binario; la primaria è una stella gigante di classe G8, con dimensione 7 volte maggiore del Sole e una luminosità almeno 30 volte superiore; è separata da 11 secondi da una stella bianco-gialla della Sequenza, la distanza del sistema è pari a 145 anni luce.
La 21 è invece una stella bianca appartenente alla Sequenza Principale, distante 90 anni luce e 9 volte più brillante del Sole. Abbiamo infine la numero 30, la più debole della losanga, di grandezza 4.7: è un'altra delle innumerevoli stelle della Sequenza Principale, bianca, distante 230 anni luce e 8 volte più brillante del Sole. Quest'ultima è tuttavia la più semplice da individuare, soprattutto in un cercatore o in un binocolo, in quanto appartiene a un piccolo gruppo serrato di 4 stelline che for­mano un piccolo trapezio (la componente più a nord è in realtà formata da una coppia di stelline distanti poco più di 3' che si separa facilmente nel cercatore). È importante tenere a mente questo piccolo asterismo, perché data la penuria di stelle brillanti può essere impiegato come punto di rife­rimento per trovare alcune galassie situate nei dintorni; se infatti un astrofilo non possiede una suf­ficiente dimestichezza con le costellazioni minori è più facile, puntando in zona un binocolo o un cercatore, riconoscere un particolare gruppetto piuttosto che una singola stella. La figura riproduce il campo invertito in un cercatore 6×30 attorno a β; e 30 LMi.

INIZIO PAGINA