Le magnitudini dei pianeti
Queste righe traggono spunto da un interessante articolo di Pierluigi Battistini «Una giornata su Mercurio» apparso sul numero 147 della rivista Nuovo Orione di Agosto 2004; l'autore è evidentemente un grande esperto di software di simulazione astronomica. Nel piccolo riquadro di pag. 52 lo stesso autore affermava di aver rilevato alcune discrepanze sul calcolo delle magnitudini del sistema Terra-Luna. Questo mi ha spinto a fare alcuni conti molto semplici — è sufficiente una macchinetta calcolatrice — per determinare gli effettivi valori di dette magnitudini, basandomi su concetti basilari alla portata di chiunque.
È chiaro che quanto mi accingo a esporre è valido, in generale, per qualunque pianeta visto da un qualunque punto di osservazione del Sistema Solare; al limite le uniche complicazioni intervengono nel caso di Saturno, a causa della presenza degli anelli, e dei pianeti interni — salvo quando sono in congiunzione superiore — a causa dell'effetto di fase e della radenza della luce incidente di cui bisogna tenere conto. Tuttavia, sia per ragioni di spazio, sia per rifarmi all'articolo apparso su questa rivista, mi limiterò al sistema Terra-Luna visti da Mercurio e fornendo, in calce alla pagina, una piccola tabella con le magnitudini calcolate per gli altri pianeti visti dalla Terra.
Premetto che, onde semplificare ulteriormente le mie considerazioni, arrotonderò alcuni parametri fondamentali. Ad esempio, porrò la distanza Terra-Sole (1 unità astronomica) pari a 150 milioni di km; similmente considererò di 58 milioni di km la distanza media di Mercurio dal Sole, quella afelica di 70 milioni e quella perielica di 46. È vero che a causa di una leggera eccentricità dell'orbita terrestre (167 decimillesimi) anche la distanza Terra-Sole oscilla fra 147 e 152 milioni di chilometri, ma questa discrepanza porterebbe a una variazione di neppure un decimo di magnitudo, per cui il nostro ragionamento rimarrebbe virtualmente intatto.

Sappiamo che la magnitudo visuale del Sole visto dalla Terra è −26.9.
Immaginiamo una gigantesca emisfera di raggio pari a una unità astronomica, al cui centro si trova appunto il Sole, costituita da un ipotetico materiale superriflettente, ossia con albedo del 100%, che ne riveste la superficie interna. Domanda: quale sarà la magnitudo integrata di tale superficie vista dal Sole? Ovviamente sarà sempre −26.9. Infatti, per un osservatore situato a una unità astronomica non farà alcuna differenza che la luce provenga da un punto, da un disco o da tutto il cielo! In altri termini si tratta della stessa luce distribuita diversamente.
Consideriamo adesso le dimensioni della Terra vista dal (centro del) Sole; tenendo presente che il nostro pianeta ha un diametro di 12756 km esso sottenderà un arco di 17".54, mentre la Luna, con un diametro 3476 km sarà vista sotto un arco di 4".78; questi dati si ottengono facendo l'arcotangente di 12756 / 150.000.000 e di 3476 / 150.000.000 rispettivamente.
Immaginiamo d'incastonare una sferetta delle dimensioni della Terra in questa sorta di gigantesco guscio; questa, osservata dal (centro del) Sole, ci mostrerà una superficie di 2π(8.77)2, ossia 483 secondi d'arco quadrati e quindi 3.73·10−5 gradi quadrati. Se a questo punto rapportiamo le due superfici — quella del guscio totale a quella della sferetta incastonata — troviamo un valore pari a circa 552988740.
Quale sarà dunque la caduta di magnitudine rispetto alla superficie totale del guscio? Il risultato si ottiene dalla seguente espressione:

2.5 × log 552988740 = ~ 21.9

La sferetta avrà quindi una magnitudo di:

−26.9 + 21.9 = −5.

Immaginiamo ora di sostituire la nostra sferetta con la Terra. Il nostro pianeta ha un albedo di 0.39 (riflette cioè mediamente il 39% della luce), per cui si avrà un'ulteriore caduta magnitudine dovuta al fatto che l'areola s'indebolisce ancora di 2.56 volte (l'inverso di 0.39):

2.5 × log 2.56 = ~ 1

Sommando dunque 1 al valore di −5 precedentemente calcolato troviamo −4 che rappresenta la magnitudo media della Terra vista dal (centro del) Sole.
Per ripetere gli stessi calcoli con la Luna basta tenere presente che il nostro Satellite ha un diametro 3.67 volte più piccolo della Terra e che quindi sottende un'area (3.67)2 = 13.47 volte minore. Questo comporta una caduta di magnitudine pari a 2.5 × log 13.47 = ~ 2.8. Tuttavia la Luna è anche molto più scura, con un'albedo di circa l'8% contro il 39% della Terra. Ciò si traduce in un ulteriore calo di 1.7 magnitudini che sommato al valore precedente fa 4.5. La magnitudo della Luna vista dal Sole è dunque −4 + 4.5 = +0.5.
A questo punto non dobbiamo fare altro che metterci alla giusta distanza di osservazione e cominciamo quindi con la distanza media di Mercurio dal Sole che è di 58 milioni di km. Significa che dalla Terra saremo adesso distanti 150 − 58 = 92 milioni di km. La Terra apparirà dunque più brillante. Ma di quanto? Si dovrà risolvere l'espressione seguente:

2.5 × log (92 / 150)2 = −1.06 (*)

Questo valore va sommato algebricamente con −4, il valore della magnitudo della Terra vista dal (centro del) Sole. Il risultato (arrotondato) è dunque di −5 per la Terra e di −0.5 per la Luna quando sono in opposizione (su Mercurio tutti i pianeti vanno in opposizione). Se osserviamo il sistema Terra-Luna sempre in opposizione, ma durante l'afelio di Mercurio, in pratica è come se ci avvicinassimo ancora sino a 150 − 70 = 80 milioni di km. In questo non facciamo altro che applicare nuovamente la (*):

2.5 × log (80 / 150)2 = −1.37

ripetendo la somma algebrica delle magnitudini e arrotondando troviamo per la Terra −5.4 e per la Luna −0.9.
Infine durante l'opposizione perielica i valori divengono rispettivamente −4.8 e −0.3.
Ripetendo gli stessi passaggi con la Terra in congiunzione troviamo valori di magnitudo da −3.4 a −3.2 a seconda che la congiunzione avvenga quando Mercurio è al perielio o all'afelio.


Un'immagine di Plutone ripresa dalla sonda New Horizons (© NASA)
Questi semplici conti, per inciso, permettono anche di effettuare alcune stime come, ad esempio, una valutazione realistica del diametro di Plutone, assai sovrastimato sino a una ventina di anni fa. Se infatti assumiamo che il pianeta si trovi attualmente a circa 30 U.A. è evidente che il Sole apparirà attenuato di (1 / 30)2, ossia di 900 volte. La sua magnitudo pertanto sarà di 2.5 × log 900 = 7.4 volte maggiore di quanto sia visto dalla Terra e cioè di −19.5: sarà cioè 600 volte più brillante della Luna Piena, ma con la luce tutta concentrata in sol punto (a quella distanza, infatti, il Sole sottende un angolo di appena 1').
Consideriamo daccapo un'ipotetica emisfera centrata sul Sole, ma stavolta di raggio pari a 30 U.A. Il pianeta più esterno ha una magnitudo visuale attorno alla 14−esima e considerato uno scarto di una unità astronomica c'è una differenza minima tra osservarlo dalla Terra o dal Sole; in realtà Plutone è un sistema doppio, ma poiché Caronte è circa 1.5 magnitudini più debole incide per pochi decimi sulla luminosità totale del sistema; ad ogni modo, tanto per fissare le idee, possiamo assumere la magnitudo del solo Plutone pari a 14.3 se visto dal Sole e 14.2 se visto dalla Terra.
Se il pianeta avesse un'albedo del 100%, occuperebbe un'areola di (2.512)33.8 = 3.32·1013 volte più piccola di quella totale della emisfera, ossia circa 0.0080 secondi quadrati (l'esponente 33.8 indica di quante magnitudini è più debole l'areola rispetto alla magnitudo integrata del guscio e viene fuori dalla somma: 14.3 +19.5; il primo degli addendi è la magnitudo di Plutone visto dal Sole, il secondo quella del Sole visto da Plutone col segno cambiato); il diametro dell'areola risulta quindi di circa 0.071" (bisogna ricavare R dalla solita espressione 2πR2) che alla distanza di 30 U.A (4 miliardi e mezzo di km) si traduce in un diametro effettivo di 1549 km. Tuttavia, anche se totalmente ricoperto da ghiacci, Plutone non può avere una riflettività del 100%; se supponiamo che ai ghiacci sia frammista una certa quantità di materiale roccioso (probabilmente di origine meteorica), possiamo assumere un'albedo compresa tra il 40% e il 50%. Se consideriamo il valore medio — e abbastanza realistico — del 45% dobbiamo maggiorarne il diametro di , ossia 1.49, ottenendo così il risultato di 2308 km, molto simile a quello reale il cui valore attuale è di circa 2360 km.
Un sistema forse più immediato e intuitivo per giungere allo stesso valore — quello che ho adottato per calcolare le magnitudini degli altri pianeti — è di considerare dapprima Plutone delle stesse dimensioni della Terra, nonché posto alla stessa distanza dal Sole (1 U.A.). Se assumiamo, come prima, un'albedo di 0.45, contro quella di 0.39 della Terra, Plutone risulterebbe 0.45 / 0.39 = 1.15 volte più brillante. La differenza in magnitudo, peraltro piccola, si ottiene facendo

2.5 × log 1.15 = 0.15

Se la Terra vista dal (centro del) Sole appariva di magnitudo −4, il nostro...MegaPlutone apparirebbe allora di magnitudo −4.15. A questo punto andiamo a collocare il MegaPlutone alla giusta distanza di 30 U.A. La sua superficie apparente varierà in ragione inversa al quadrato della distanza. Ma anche la luce che riflette varierà a sua volta col quadrato della distanza, perché è stato di fatto allontanato dal Sole. A 30 U.A., pertanto, il MegaPlutone apparirà 304> volte più debole, ossia avrà perso 810000 volte la sua luminosità. Questo si traduce in una caduta di magnitudo pari a 14.8 (che risulta da 2.5 × log 810000 = 14.8). Visto dal Sole il pianeta brillerà dunque di magnitudo 10.6. Infine non dobbiamo fare altro che ridurne opportunamente il diametro sino a farlo apparire di magnitudo 14.3.
Per fare questo basta ricordarsi che la differenza di magnitudo Δm è legata al rapporto di luminosità RL dalla seguente relazione:

RL = (2.512)Δm

Se dunque Δm è 3.7 (ossia 14.3 − 10.6), RL è uguale a 30.20. Ma se è RL = 30.20 il rapporto dei diametri sarà pari a , vale a dire 5.5. Il diametro effettivo di Plutone risulterà pertanto di 12756 / 5.5 = 2319 km, in sostanziale accordo con quello precedentemente determinato (le piccole discrepanze sono ovviamente imputabili agli arrotondamenti nei calcoli).

Tabella delle Magnitudini
(calcolate col metodo spiegato nel testo)

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