Osservazioni sul campo
(Queste note sono il sunto di una conferenza tenuta anni fa al Planetario di Milano assieme all'amico visualista Giangi Caglieris)
Come già accennato nella presentazione del sito, non occorrono sofisticate e costose apparecchiature per l'osservazione visuale; astrofili esperti nella stima di stelle variabili o nella ricerca di novae galattiche spesso non vanno oltre un semplice 10×50! Più di una volta mi è capitato di affermare, parlando nelle scuole ai giovani studenti entusiasti per l'acquisto del loro primo telescopio, che non è lo strumento che fa l'osservatore, ma esattamente il contrario: chi sa utilizzare e sfruttare appieno le possibilità di uno strumento anche modesto, può trarre una soddisfazione molto maggiore nel'osservazione del cielo rispetto a chi possiede un telescopio potente e costoso, ma non si è poi prefissato alcuno scopo per il suo effettivo impiego.
Entrando nel merito del argomento possiamo ridurre indicativamente e schematicamente a 4 le unità (la 3ª è facoltativa) di cui ha bisogno l'astrofilo:

uno strumento (binocolo o telescopio)
un atlante
un database d'informazione sugli oggetti
pazienza e perseveranza

Quest'ultimo punto è importante se si considera che, specialmente durante l'inverno, può fare molto freddo sul campo e coloro che, come il sottoscritto, vivono in città dove purtroppo il cielo stellato rimane confinato nei manuali d'astronomia della propria biblioteca, sono costretti a sopportare alcune ore di macchina all'andata e altrettante al ritorno per avere un cielo sufficientemente scuro e decoroso.
L'importanza dello strumento è ovvia: dal momento che il potere di raccogliere la luce — e quindi la capacità di discernere oggetti deboli — è direttamente proporzionale al quadrato dell'apertura, segue che anche un modesto binocolo tascabile da 20 o 25 mm. raccoglie da 9 a 13 volte più luce dell'occhio (anche considerando la massima dilatazione pupillare attorno ai canonici 7 mm), con conseguente guadagno da 2.4 a 2.8 magnitudini. Ciò permette già di vedere con la massima tranquillità tutte le stelle riportate sul Tirion.
L'utilizzo di un buon atlante cartaceo non è meno importante dello strumento stesso: è bello osservare il cielo stellato, ma è più appagante sapere esattamente cosa si sta osservando; se ci limitassimo a osservare a casaccio non avremmo una meta precisa da raggiungere e qualunque occupazione, anche di tipo amatoriale, priva di uno scopo presto verrebbe a noia. Un atlante celeste non è concettualmente diverso da una cartina stradale: se ci dobbiamo recare in un certo luogo dobbiamo conoscere il nostro punto di partenza e il percorso che dobbiamo fare; alcuni simboli riportati, ad esempio una croce, ci aiuta poi a identificare facilmente il campanile di una chiesa, spesso già visibile da una certa distanza. La differenza principale rispetto agli atlanti celesti è che in questi ultimi mancano le vie di collegamento, perché ce le creiamo noi stessi secondo le nostre esigenze e come più ci fa comodo.
ingrandisci I due atlanti che più vanno per la maggiore sono lo Sky Atlas 2000 del Tirion e l'Uranometria. Il primo è costituito da 26 bellissime carte a colori di formato ampio tipo fold-out (Via Lattea, ad esempio, è rappresentata con isofote a 3 livelli; a destra è riportata, come esempio, una carta centrata su Orione); contiene 43.000 stelle sino alla magnitudo 8 e 2500 oggetti deepsky sino alla 13. Il secondo — e mi riferisco alla collaudata 1ª edizione in due volumi — è in formato libro e comprende 476 carte (v. esempio), ben 352.000 stelle sino alla 9.5 e oltre 9000 oggetti deepsky sino alla magnitudo 14-15 (non esiste in realtà un limite preciso). Le carte sono fornite con generose sovrapposizioni (overlapping) che permettono di passare facilmente da una all'altra.
Attenzione: rispetto al Tirion l'uso dell'Uranometria può essere vantaggioso e svantaggioso allo stesso tempo. È senza dubbio vantaggioso se si considerano i maggiori riferimenti stellari per effettuare la ricerca degli oggetti deboli tramite lo star hopping (v. dopo). Ma può rivelarsi svantaggioso per coloro che non conoscono bene le costellazioni, in quanto le singole carte abbracciano una limitata plaga celeste, spesso senza stelle importanti di riferimento (come, ad esempio, le carte 68 e 110).
Purtroppo questi due bellissimi atlanti presentano alcune limitazioni, comuni a tutti gli atlanti cartacei e, di sovente, anche ai moderni atlanti elettronici. Queste possono essere così sunteggiate:

  1. le stelle sono rappresentate con pallini neri di diametro decrescente al crescere della loro magnitudine (com'è logico debba essere). Se la nuova edizione del Tirion ha affinato notevolmente la legenda portando a ben 19 questi pallini, ciascuno dei quali abbraccia un intervallo di mezza magnitudo, l'Uranometria ne ha conservati 12, ciascuno con intervallo pari a una magnitudine, ma questo potrebbe essere talvolta d'impaccio. Infatti, una stella di 2ª grandezza è considerata tale se compresa tra la magnitudo 1.6 e la 2.5; una di 3ª grandezza sarà a sua volta compresa tra la 2.6 e la 3.5; e così via. Ma tra una stella di 1.6 e una di 2.5 c'è quasi una magnitudo di differenza, per cui l'occhio le vede decisamente diverse. Al contrario, se consideriamo una stella di 2.5 e una di 2.6, queste saranno riportate diversamente sull'atlante (in quanto la prima è considerata di 2ª grandezza, mentre la seconda di 3ª). Ma tra queste ultime c'è uno scarto di appena 1/10 di magnitudo, per cui l'occhio non è in grado di notarne la differenza.
    Ricapitolando: può capitare che due stelle siano riportate identiche sull'atlante, ma appaiono visualmente diverse e che due stelle riportate diversamente appaiano invece uguali. È quindi importante che il neofita impari a riconoscere le costellazioni direttamente sul campo, senza fidarsi ciecamente di quello che mostra l'atlante.

  2. le dimensioni angolari degli oggetti sono solo parzialmente in scala e sotto quest'aspetto ancora una volta l'ultima edizione del Tirion si mostra vincente sull'Uranometria, in quanto tutte le galassie sono riportate col loro effettivo orientamento. Al contrario, sull'Uranometria per dimensioni al di sotto di 5' le galassie sono rappresentate soltanto col loro simbolo e dal momento che la stragrande maggioranza hanno di fatto dimensioni inferiori ai 5', questo non dà informazioni sul loro eventuale orientamento nel campo dell'oculare. (1)

  3. ingrandisci
    gx a bassa (sx) e alta luminanza superficiale
    non sono indicate le magnitudini degli oggetti e comunque non è possibile sapere se un oggetto in questione è alla portata del proprio strumento; in altri termini, anche sapendo che una galassia è, poniamo, di 12-esima, ciò non significa che sia automaticamente visibile in un 25 cm (che è di per sé in grado di mostrare stelline più deboli della 14-esima); questo perché una galassia potrebbe essere molto estesa e dotata di luminanza superficiale talmente bassa che il minimo gradiente di luce rispetto al fondo cielo potrebbe essere compromesso da una trasparenza non particolarmente buona. Un classico esempio è costituito da NGC 4395 nei Canes Venatici: è una galassia di 10.5, potenzialmente alla portata di un semplice 114/900, ma vi sfido a vederla con uno strumento del genere! In questi casi gioca infatti un ruolo importante la cosiddetta magnitudo specifica (2), vale a dire la luminosità per primo d'arco quadrato. In altri termini, è come se prendeste una stellina e cominciaste a sfocarla, dapprima in una chiazza estesa, poniamo, 2' e successivamente in una di 6'; nel secondo caso la luminosità per unità di area della chiazza si riduce a 1/9 e di conseguenza sarà molto meno appariscente.
Ad ogni modo, non è poi un grave handicap non sapere come si presenterà l'oggetto, in quanto può essere fonte di sorpresa. D'altra parte, prima dell'avvento di importanti database cartacei, come The Deep Sky Field Guide associato all'Uranometria o a quello corrispondente del Tirion, in commercio da poco, o di quelli elettronici disponibili su Internet, come il Saguaro, il Simbad o il NED, giusto per citarne alcuni, l'astrofilo si trovava spesso nella condizione di dover...improvvisare, ma non per questo faceva osservazioni meno interessanti! Del resto è noto che chi osserva le comete, di aspetto egualmente nebuloso, non sa mai esattamente cosa osserverà. Questo è il motivo per cui all'inizio del discorso ho indicato il possesso di un database non strettamente necessario.

Agenda
Nel pieno significato latino di cose da fare prima di iniziare la serata osservativa. Si tratta di piccoli suggerimenti, magari banali, che tuttavia sono utili sia per evitare grossi dispiaceri, sia per ottimizzare il tempo che passiamo sul campo, godendo appieno delle nostre osservazioni.

Prepariamo una checklist
Senza arrivare all'assurdo di uno che parte per la montagna lasciando a casa il telescopio, ci sono tuttavia molte piccole cose (indispensabili per una proficua permanenza sotto le stelle) che se dimenticate potrebbero mandare a monte una notte d'osservazione: un oculare importante, un paio di guanti, un passamontagna, la pila rossa, una matita per appunti....l'elenco potrebbe continuare! È quindi importante, soprattutto per chi osserva di rado, prepararsi un'accurata checklist da spuntare man mano. Evitate assolutamente di fare affidamento su altri presenti sul campo per farvi imprestare questo o quello; spesso le persone sono gelose delle proprie cose, specialmente quando si tratta di capi di vestiario da dare in prestito agli sconosciuti. Bisogna perciò essere indipendenti e autosufficienti.

Il programma osservativo
Evitate di osservare il cielo a casaccio: vi stufereste presto, soprattutto quando d'inverno il freddo si fa sentire e il sonno comincia a obnubilarvi la mente. Non è fondamentale il numero di ore che si passa al telescopio, ma riuscire a ottimizzarle e ciò si può ottenere solamente programmando in anticipo le osservazioni. Tenete inoltre presente che gli oggetti situati a declinazioni negative hanno una finestra di visibilità limitata, per cui è importante conoscere più o meno quando transiteranno in meridiano per sfruttarne appieno le condizioni di osservabilità.
Meglio ancora sarebbe disporre di un programma alternativo per le serate un po' incerte: nel caso dovesse capitare che una fastidiosa cortina di nubi stazioni proprio nella zona che vi siete scelta, anziché optare per un'attesa nervosa potete sempre ripiegare su qualcos'altro.

Controlliamo il telescopio ...
ingrandisci
Schema di funzionamento di un newtoniano
Quando appaiono le prime stelle in cielo è il momento di controllare sia l'allineamento del cercatore, sia quello delle ottiche: il primo è importante per trovare gli oggetti senza far troppa fatica, il secondo per penetrare a fondo nell'osservazione dei dettagli. Si tratta comunque di operazioni che si possono, a grandi linee, effettuare anche di giorno: per quando concerne il cercatore indirizzandolo su un oggetto lontano (ad esempio il campanile di una chiesa); per l'allineamento è sufficiente osservare attraverso il portaoculari le riflessioni dei due specchi come in figura, se il vostro newtoniano è aperto ad almeno F/6. Per quelli più spinti è necessario decentrare leggermente il secondario in direzione opposta a quella dell'oculare, il che porta al seguente risultato visivo; se infatti osservate la figura a fianco vi accorgerete che lo specchietto secondario, essendo inclinato di 45°, intercetta il fascio emergente dal primario in punti diversi: questa differenza si può considerare trascurabile negli strumenti a basso rapporto focale (F/7 o meno), ma non lo è più in quelli ad alto rapporto (F/5 o addirittura F/4, come molti dobsoniani di grandi dimensioni).

... e ripassiamo le costellazioni
Tra il cosiddetto crepuscolo civile e il buio totale passa circa una mezz'ora che potrebbe essere impiegata ripassando le costellazioni, non solo le principali e le più vistose, ma anche quelle meno appariscenti come la Lince o il Camelopardalis che sono circumpolari come l'Orsa Maggiore. Quanti astrofili sono in grado di riconoscere, ad esempio, Alfa Lyncis? O individuare il Leo Minor? Sfruttiamo dunque quest'ultima finestra crepuscolare per familiarizzarci bene con la volta stellata e soprattutto con le costellazioni meno note.

Il Campo dell'Oculare
ingrandisci
Il "drifting" nel campo oculare: le stelle si spostano sempre da est verso ovest (clicca per l'animazione)
Per dare un tocco di scientificità alle nostre osservazioni è necessario dapprima determinare alcuni parametri, primo fra tutti sapere com'è orientato il campo dell'oculare; è molto semplice, poiché dal momento che tutte le stelle si spostano da est verso ovest, ponendone una al centro osserviamo attentamente in quale punto del campo essa sparisce e memorizziamo questo punto (figura a fianco).
Più importante è però conoscere le dimensioni del campo visivo fornito da un certo oculare. Esistono sostanzialmente due metodi per calcolarlo: uno approssimato e uno rigoroso.
Quello approssimato consiste semplicemente nel conoscere dapprima il campo apparente dell'oculare: nel caso dei SuperPloss a 5 elementi della serie 4000, ad esempio, questo è pari a 52°, nei grandangolari è di 67°; e così via. Dopodiché si determina l'ingrandimento fornito dal sistema telescopio + oculare, che com'è noto si ottiene dividendo la focale del telescopio per quella dell'oculare; a questo punto non resta che dividere il campo apparente dell'oculare per l'ingrandimento e avere così quello effettivo. Questo metodo, come dicevo, è approssimato nel senso che non sempre la focale dichiarata, e impressa sull'oculare, corrisponde a quella reale; specialmente negli oculari a corta focale si può talvolta riscontrare una lieve discrepanza che può condurre a un valore non corretto del campo.
Il metodo rigoroso consiste invece nel portare un stella brillante situata nei pressi dell'equatore celeste al bordo orientale del campo e cronometrare il tempo che impiega ad attraversarlo. Tenendo presente che lo spostamento degli astri avviene a ritmo di 15 secondi d'arco al secondo, per determinare il campo dell'oculare in primi d'arco basterà sapere il numero di secondi che impiega la stella a passare da un'estremità all'altra del campo e dividere il valore trovato per 4 (se la stella impiegasse, ad esempio, 2 minuti esatti per attraversare il campo, questo risulterebbe di 30'). È molto importante:
1) che la stella attraversi il campo dell'oculare lungo il diametro e non lungo una corda, perché in tal caso otterremmo una sottostima del valore.
2) che stella si trovi entro 10° a nord o sud dell'equatore; al di fuori di questa fascia le stelle si muovono più lentamente e avremmo in tal caso una sovrastima del campo. (3)
Un'altra cosa importante, specialmente quando vogliamo stimare la dimensione di un oggetto, è crearsi delle lunghezze campione, vale a dire memorizzare la distanza di una doppia le cui componenti abbiano una separazione nota. A questo proposito sono utili certe stelle come Ny Draconis con separazione di 62" (praticamente 1 primo d'arco), Albireo (separazione 34'', circa mezzo primo) ed Epsilon Lyrae (3.5'). Uno dei vantaggi della Ny Draconis è che essendo circumpolare è utilizzabile per tutto l'anno. Se l'oggetto è molto esteso conviene tuttavia stimarne le dimensioni direttamente in frazioni di campo.

Lo Star-Hopping
ingrandisci
Porzione della carta 68 dell'Uranometria
Questa è una parola entrata da tempo nel gergo amatoriale dei visualisti e significa semplicemente cercare gli oggetti saltando letteralmente da una stella all'altra. In pratica si tratta di riconoscere nel campo del cercatore (o anche direttamente in un oculare a grande campo del telescopio) le stelle riportate sull'atlante che ci guideranno sul bersaglio. È un procedimento che si deve obbligatoriamente effettuare quando impieghiamo un dobsoniano o un telescopio comunque sprovvisto di cerchi graduati, ma nella pratica si rivela più semplice di quanto si possa immaginare. L'occhio umano tende infatti a riconoscere facilmente particolari raggruppamenti di stelle (triangoli, quadrilateri, catene, archi e via dicendo); la figura mostra alcuni di questi piccoli asterismi nei quali è facile imbattersi e che una volta individuati possono costituire un comodo riferimento per il salto successivo.
Quando si effettua lo star-hopping per arrivare su oggetti relativamente brillanti come quelli di Messier, abbiamo il vantaggio che spesso sono già visibili in un buon cercatore da 40 o 50 mm. Tuttavia se siamo già intenzionati a eseguire un'osservazione profonda e dettagliata dell'oggetto e non vogliamo quindi aver la seccatura di cambiare oculare dobbiamo dapprima verificare l'accurato allineamento del cercatore; è pertanto necessario che quando il centro del crocicchio si trova sul bersaglio esso appaia al centro di un oculare a forte ingrandimento. Per ottenere questa messa a punto sia con i dobsoniani, sia con gli strumenti privi di moto orario è molto comodo utilizzare la stella Polare: quando riusciamo a farla sparire dietro il crocicchio e averla nello stesso tempo a centro campo l'allineamento è perfetto.
Ma che dire se vogliamo osservare una debole galassia non visibile nel cercatore?
Proviamo a cercare la galassia NGC 2344 usando la carta 68 dell'Uranometria (immagine qui sopra a sinistra); puntiamo il cercatore, che supponiamo abbracci un campo di 5º, sulla coppia 21 e 22 Lyncis; se ci si sposta sul prolungamento 22-21 Lyn per circa 4 volte questa distanza arriviamo a un triangolino isoscele ottusangolo con l'angolo ottuso che punta nella stessa direzione. Possiamo immaginare, come si vede dalla figura, una sorta di freccia. Arrivati al vertice ottuso basterà proseguire ancora un tantino oltre posizionando il centro della crociera a una distanza che è circa la metà di quella dei due lati (di qui l'importanza, ricordata sopra, di aver prima allineato perfettamente il cercatore). A questo punto, se tutto è a posto potete tranquillamente osservare nell'oculare del telescopio già a forte ingrandimento: la galassia è sicuramente centrata. Se avete un 20 cm e non la vedete subito, in quanto piuttosto debole, non spostate il telescopio, ma spazzolate lentamente il campo con lo sguardo: prima o poi salterà fuori! (4)

Prendiamo nota
Ogni astrofilo, qualunque sia la sua sfera d'interesse, deve tener sempre nota di quel che osserva di modo da riportarlo poi a casa sul logbook personale. Non ricordare ciò che si è visto è come non avere osservato nulla! Il metodo più semplice e immediato è quello di annotare su un pezzo di carta quanto si osserva per poi confrontarlo successivamente con immagini di riferimento. Nel mio caso trovo molto utile un confronto diretto col Megastar. Oltre all'esempio riportato di un riscontro diretto sul RealSky, uno dei riferimenti cartacei più importanti è The Night Observer Guide, un'opera classica dell'osservazione visuale che riporta schede molto accurate, anche se limitate agli oggetti principali.
ingrandisci Il mio amico Giangi preferiva invece affidare tutto a un nastro magnetico, un sistema sicuramente più comodo, specialmente quando il pungente freddo invernale intorpidisce le dita. Ma se si fosse scaricata la pila o il nastro fosse difettoso? Addio nottata osservativa!
Quando registriamo un'osservazione dobbiamo cercare di riportare il più fedelmente possibile ciò che abbiamo visto. Facciamo un esempio pratico con l'aiuto della figura. Osservando lo spostamento delle stelle abbiamo stabilito dov'è l'ovest. Inoltre abbiamo stimato, tramite le misure campione di cui abbiamo parlato prima, che distanza delle due stelline più brillanti della "Y" sopra la galassia è di 2 primi abbondanti. Inoltre si nota una coppia serrata di stelline verso il bordo settentrionale del campo, mentre la stella brillante situata a ESE dell'oggetto è meno importante ai fini della descrizione.
E la galassia?
Questa appare molto allungata in direzione NW-SE, con un'estensione, basata sulla stima della "Y" di prima, di circa 4'. Presenta un bulge evidente, un nucleo stellare e una stellina a ridosso del margine nord-orientale. La stella doppia serrata si trova a circa 6' di distanza dal nucleo della galassia grosso modo in direzione nord. Una volta rientrati alla magione sarè quindi opportuno controllare lo schizzo col Megastar
Tutte queste informazioni vanno riportate sul brogliaccio assieme alla data di osservazione e, preferibilmente, le condizioni del cielo (trasparenza e seeing). Se per puro caso un'immagine fotografica della galassia non mostrasse la stellina a ridosso del nucleo potremmo avere anche scoperto una supernova! Non è dunque meglio perdere qualche minuto e scrivere tutto quanto? Non si può mai sapere ...

Casi Particolari
Spesso individuare un oggetto debole non è facile per una serie di motivazioni. Innanzitutto una galassia potrebbe essere molto disturbata dalla luce di una stella brillante situata nelle immediate vicinanze e che non si riesce a tener fuori campo neppure ad alti ingrandimenti. Nell' esempio riportato è difficile stabilire a prima vista se l'evanescente macchiolina rotonda indicata dalla freccia è effettivamente la galassia o un artefatto prodotto dalla stella. In questi casi conviene spostare molto lentamente il telescopio mentre si osserva: normalmente gli artefatti o scompaiono di colpo o diventano più vistosi; se la macchiolina invece si sposta coerentemente col movimento che impartite allo strumento si tratta sicuramente del vostro bersaglio. Nell'esempio riportato, poi, il compito è facilitato dalla presenza di una stellina a ridosso.
Un altro caso che capita di sovente è quello di una galassia situata in una zona di campo depleta (vedi). In questo caso l'occhio non riesce ad "ancorarsi" a un riferimento — come appunto una stellina — e l'oggetto diventa difficile da vedere. Ricordatevi che abbassare gli ingrandimenti per avere più campo, e quindi aumentare la probabilità di avere un riferimento stellare, non è sempre efficace, perché certe galassiette elusive scompaiono del tutto a bassi ingrandimenti! Meglio in questi casi essere sicuri di averla centrata e spazzolare lentamente con l'occhio tutto il campo. Se il risultato è negativo non affaticatevi inutilmente la vista, ma ripetete l'operazione di puntamento una seconda, una terza e se è il caso anche una quarta volta: trattandosi di un puntamento manuale il crocicchio del cercatore andrà a cadere ogni volta molto vicino al puntamento precedente ma è difficile che vi vada proprio a coincidere. Spesso queste piccole differenze permettono prima o poi di avvistare l'oggetto.
ingrandisci Il terzo esempio che proponiamo, e che ancora una volta mette in luce l'importanza di utilizzare alti ingrandimenti in questo tipo di osservazione, è quello di una galassietta che si trova all'interno di un piccolo asterismo di stelline brillanti. In pratica è una sorta di rilettura del primo esempio. Come potete vedere dalla figura a sinistra, nell'esempio di sinistra la galassia è a malapena visibile, mentre diviene facilmente riconoscibile a destra aumentando gli ingrandimenti. La motivazione di questo è immediata: quando il seeing è buono, e le stelle rimangono quindi puntiformi aumentando la potenza dello strumento, non abbiamo fatto altro che aumentare la distanza angolare delle stelline riducendo nel contempo la luminanza di fondo cielo. Risultato: un maggior contrasto visivo.

Per chi afferma di non vederci bene...
Siamo convinti che nella stragrande maggioranza dei casi siano solo scuse ...
ingrandisci Se escludiamo gravi patologie congenite e/o acquisite, l'acutezza visiva non è un fattore primario per condurre con profitto le osservazioni deepsky. Infatti, i due difetti principali, la miopia e l'astigmatismo, si possono facilmente neutralizzare: il primo spingendo il focheggiatore all'interno del tubo quanto basta per avere l'immagine perfettamente a fuoco; il secondo osservando con ingrandimenti tali da ridurre la pupilla d'uscita a non più di 2 mm. La pupilla d'uscita (detta anche cerchio oculare) si ottiene dividendo la focale dell'oculare per il rapporto focale del telescopio; se questo, ad esempio, è aperto a F/4.5 — come moltissimi dobsoniani — e si impiega un 9 mm abbiamo: 9 : 4.5 = 2. Quando la pupilla d'uscita ha questo valore, essa intercetta una porzione della cornea molto piccola, tale quindi da non rendere significative quelle differenze di curvatura nelle diverse direzioni che stanno appunto alla base dell'astigmatismo (i visitatori posso trovare alcune informazioni sull'occhio all'interno di questo stesso sito). E oltre a ciò, come abbiamo sopra ricordato, un maggior ingrandimento si traduce in un maggior contrasto d'immagine. Col mio dobson da 41 cm, ad esempio, non utilizzavo mai meno di 185x, e soltanto quando l'oggetto era esteso ed evanescente, oppure se il seeing era particolarmente ballerino. Usualmente ne impiegavo 270 e non di rado arrivavo sino 380. E non sono certo dotato di una vista d'aquila. Diciamo solo che cerco di mantenere gli occhi a un certo grado di sensibilità retinica mangiando molta frutta e verdura, nonché assumendo giornalmente un paio di capsule di un concentrato di mirtillo che si trova in tutti i supermercati nel reparto erboristeria; oppure bevendo succhi concentrati di mirtillo (senza comunque farne una malattia!).
Ma è soprattutto importante, al di là di una sana alimentazione, l'allenamento, la costanza, la passione. Il firmamento è disseminato di galassie e di altre meraviglie; sembrano messe là in attesa che qualche nottambulo le vada pazientemente a scovare.

Rispettiamo l'etichetta osservativa
Si tratta di un semplice e — almeno così ci auguriamo — scontato richiamo a ciò che avviene soprattutto durante gli star party. Sappiamo bene per esperienza, sia che osserviamo deboli galassie, sia evanescenti dettagli planetari, quanto siano fastidiose le luci intense, specialmente se non sono schermate. Inoltre può capitare che un osservatore, per motivi suoi, arrivi sul luogo convenuto a serata inoltrata, quando gli altri astanti sono già al lavoro, magari da alcune ore; e arrivare in macchina in piena notte coi fari spiegati genera inevitabilmente vibranti proteste e, talvolta, urla scomposte di rabbia. In questo caso è quanto mai opportuno rispettare un semplice accorgimento per non arrecare disturbo agli altri (o per lo meno limitarlo). Fermatevi a lato della strada, o su una piazzola, un centinaio di metri prima del campo e spegnete le luci. Aspettate una decina di minuti, o meglio un quarto d'ora, per permettere ai vostri occhi di adattarsi all'oscurità; impostate al valore minimo la luminosità del cruscotto agendo sull'apposita rotella zigrinata del potenziometro (usualmente in dotazione su tutte le vetture), per evitare effetti di micro-abbagliamento quando vi rimetterete in moto; dopodiché ripartite molto lentamente per gli ultimi metri accendendo solo le luci di posizione: dopo l'adattamento al buio, queste sono più che sufficienti per non andare a sbattere o uscire fuori strada. Al limite annunciate telefonicamente a uno dei presenti che state arrivando; così se qualcuno sta finendo una posa fotografica, o sta per iniziarla, non gli rovinerete il lavoro — e gli rimarrete simpatico!

(1)  La nuova edizione dell' Uranometria e l'atlante Millennium, che è pure cartaceo, riportano in effetti l'orientamento di tutte le galassie; ma il primo, oltre a essere molto costoso, è quasi illeggibile, in quanto tutti gli oggetti, anche quelli più addensati, vengono riportati col nome completo; il secondo, invece è molto ingombrante da consultare sul campo: è costituita da 3 grossi volumi non divisi per declinazione, come il vecchio Atlas Coeli del Becvar, ma in Ascensione Retta; ciò significa che nel corso di una lunga notte è necessario portarsi dietro tutta l'opera! – torna al punto di prima.

(2)  La magnitudine specifica per primo d'arco quadrato (MSP) si calcola con buona approssimazione mediante la relazione seguente: MSP = MV + Δ + 2.5 log (a×b)­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­ – 0.26 dove MV è la magnitudo visuale; Δ è un fattore di normalizzazione che vale mediamente 0.11 per le galassie spirali, 0.13 per quelle lenticolari e 0.26 per quelle ellittiche; a e b sono gli assi maggiore e minore della gx espressi in primi d'arco; –0.26 è una costante negativa che serve a convertire l'area rettangolare data dal prodotto a×b in quella della corrispondente ellisse inscritta. La cosa curiosa è che se il prodotto a×b è < 1, la MSP risulta maggiore della MV (se poi la si applica a una quasar, che è puntiforme, allora la formula perde di significato – torna al punto di prima.

(3)  La formula precisa, indicando con C' il campo in primi d'arco, con T il tempo in secondi e con δ la declinazione della stella è: C' = ¼ (T / cosδ) – torna al punto di prima.

(4)  I cercatori a visione diretta, ossia senza il prisma zenitale, forniscono, com'è noto, un'immagine capovolta del campo; in questi casi può essere molto utile ruotare la carta per avere una corrispondenza diretta con quello che si vede in cielo; in questo modo il vantaggio che si ottiene supera la seccatura di avere le scritte al contrario. Almeno così è per lo scrivente – torna al punto di prima.

INTRODUZIONE  INIZIO PAGINA