Boote
(se usi lo smartphone clicca sull'immagine)

Il Boote è una delle costellazioni più antiche, occupa oltre 900 gradi quadrati ed è molto sviluppata in declinazione, estendendosi tra +7° e +55°, con la sua inconfondibile forma di aquilone. È usualmente conosciuta con questo nome, anche perché il suo vero significato è controverso e variamente interpretabile: pastore, bovaro, bifolco sono fra i nomi più comuni con cui viene talvolta tradotto (bootes in greco significa in effetti bifolco); Virgilio lo definisce invece "contadino", in riferimento ovvio al lavoro dei campi. Ma dal momento che pastorizia e agricoltura si sono sviluppare parallelamente agli albori della civiltà, può darsi che il termine si riallacci tanto ai contadini, quanto alle tribù nomadi che guidavano gli animali durante i loro spostamenti.
Per i Latini, Bootes era il custode dei septem triones (da cui il termine "settentrione"), i sette buoi simbolicamente rappresentati dalle sette stelle del nord che costituiscono il ben noto asterismo del Grande Carro nella costellazione dell'Orsa Maggiore, e così pure per i Greci. Ancora nel Medio Evo veniva variamente raffigurato, ora come contadino con in mano una falce, ora come un cacciatore con al guinzaglio i due cani da caccia (Canes Venatici) che Hevelius introdurrà attorno al 1660 come costellazione a sé stante.

Arturo (Palormar Observatory)
È doveroso, parlando di Bootes, accennare innanzitutto ad Arturo, una delle stelle più brillanti del cielo, preceduta soltanto da Sirio, da Canopo e dal sistema di Alfa Centauri (queste ultime due, tuttavia, sono invisibili dalle nostre latitudini). Il nome, che deriva dal greco Arctûros, significa "guardiano dell'Orsa" e compare per la prima volta in un poema di Esiodo del VII secolo a.C. Si racconta che l'ammiraglio Smyth fosse riuscito a scorgerla a occhio nudo una ventina di minuti prima del tramonto! Anche se si è trattato indubbiamente di un evento alquanto insolito, non è tuttavia difficile individuarla in pieno giorno con un telescopio anche modesto, impresa che era riuscita ad alcuni astronomi già nel XVII secolo.
Se Arturo è così brillante è anche perché si tratta di una stella relativamente vicina; secondo stime recenti, infatti, la sua distanza ammonta a 36 anni luce, un valore assai modesto su scala galattica, al punto che se immaginassimo di fare un viaggio sino a un ipotetico pianeta in orbita attorno a questa stella non vedremmo un cielo notturno molto diverso da quello a noi familiare, salvo però il fatto che il Sole sarebbe ridotto a un'insignificante stellina di 5ª grandezza. La sua vicinanza è comunque solo temporanea. Essendo infatti una stella di Popolazione II, usualmente confinate nel nucleo e nell'alone galattico, Arturo è con ogni probabilità situata su un'orbita piuttosto allungata che interseca il disco della Galassia nei nostri dintorni; ma il suo transito si sta verificando in modo abbastanza veloce, tant'è che fra meno di mezzo milione di anni, un tempo quindi estremamente breve in termini cosmologici, Arturo si sarà talmente allontanato da non essere più visibile a occhio nudo.

Confronto tra le dimensioni di Arturo e del Sole (Wikipedia)
Fisicamente parlando, Arturo è una gigante rossa 100 volte più brillante del Sole; appartiene, cioè, a quelle stelle che, abbandonata da tempo la Sequenza Principale, si stanno avviando verso una lunga agonia (la stessa cui andrà incontro il nostro Sole fra circa 5 miliardi di anni).
A parte Arturo, l'unica stella al di sotto della 3ª grandezza è la Epsilon, una delle più belle doppie del cielo, tanto da essere soprannomi­nata pulcherrima ("stupenda") da Friedrich Struve, che la scoprì nel 1829, mentre in Arabo è conosciuta più prosaicamente come Izar ("velo" o "cintura"); è formata da una gigante arancione e da una compagna bianca di 5ª grandezza appartenente alla Sequenza Principale ad appena 2.6" verso nord. Il sistema si trova a 210 anni luce di distanza e la separazione effettiva dei due astri ammonta a 185 UA, con periodo di rivoluzione superiore ai 1000 anni.
Beta, Gamma e Delta che costituiscono la parte settentrionale dell'aquilone, sono stelle di 3ª magnitudo: la 1ª è gialla, distante 218 anni luce e 350 volte più brillante del Sole; la 2ª è bianca, distante 85 anni luce e 35 volte più brillante della nostra Stella; la 3ª, infine, di spettro identico alla Beta, è distante 115 anni luce ed è 45 volte più brillante del Sole.

INIZIO PAGINA