
Il nome Acamar è un'antica corruzione di Achernar che a sua volta deriva dall'arabo acher-al-nahr e significa "foce del fiume". Questo perché anticamente, prima cioè delle innovazioni apportate dal Bayer nel 1603 nella sua Uranometria, la costellazione dell'Eridano finiva di fatto con questa stella che era già stata osservata da Eudosso (nel IV secolo a.C.) e da Copernico. Quest'ultimo, nel suo De Rivolutionibus Orbium Coelestium affermava che "dall'Italia si vede Alpha Eridani". Ora, è ben noto che da nessuna parte dell'Italia è visibile l'attuale α Eridani (Achernar, appunto), dal momento che possiede una declinazione di -57°. E' vero che la precessione degli equinozi tende a spostarla verso il polo celeste sud, ma dai tempi del grande astronomo polacco la differenza ammonta sì e no di un paio di gradi. Poteva però essere scorta da Cnido, la patria di Eudosso, situata a +36° di latitudine — corrispondente grosso modo alle località più meridionali della Sicilia — poiché in 2500 anni la precessione ha fatto slittare verso sud la posizione della stella di oltre 12 gradi.

L'erma di Eudosso di Cnido e Copernico E' quindi evidente che se Eudosso poteva effettivamente osservare Achernar a 8 o 9 gradi sull'orizzonte, Copernico si riferiva in realtà a un'altra stella. Quale? Quella che sin dall'epoca tolemaica segnava confine meridionale del fiume e che successivamente il Bayer indicò con la lettera θ dopo averne spostato il confine molto a sud-est nei pressi di Achernar.
Rimane tuttavia un piccolo mistero sulla luminosità di Acamar: gli antichi la davano di prima grandezza, mentre sommando i contributi delle due componenti si arriva a un oggetto appena di terza. A questo punto i casi sono due: o si tratta di una svista da parte degli antichi astronomi, o forse la stella è lentamente diminuita di splendore sino al valore attuale. Ma questo contraddirebbe la consueta evoluzione stellare che, al contrario, prevede un aumento sensibile della luminosità di un astro quando esaurisce il combustibile nucleare (idrogeno) presente nel nucleo: venendo infatti meno l'equilibrio idrostatico, la stella tende a contrarsi riscaldandosi (e quindi aumentando e non diminuendo di luminosità).
Non è dunque facile, al momento, fornire una risposta esauriente al problema, ma sappiamo che gli astronomi sono di natura pazienti e possiamo quindi sperare che in futuro siano in grado di dirimere la questione.
(Da una lettera inviata nel 1994 in risposta a un questito di un lettore di Nuovo Orione)