
Due liridi solcano la Via Lattea (© www.3bmeteo.com) Si tratta di uno sciame meteorico tra i più antichi mai osservati che presenta un picco normalmente tra il 20 e il 21 aprile. Prende il nome dalla piccola costellazione della Lira, da cui le meteore sembrano irradiarsi, e il cui radiante si trova nei pressi di Vega, una delle stelle più luminose del cielo.
L'origine delle Liridi è dovuta ai detriti lasciati dalla C/1861 G1 Thatcher, una cometa a lungo periodo che transita all'interno del Sistema Solare ogni 415 anni. Quando la Terra, nel suo moto annuale, attraversa la scia di polveri lasciate dal passaggio della cometa, queste particelle, di dimensioni variabili da pochi milligrammi a qualche grammo, entrano nell'atmosfera terrestre a circa 49 chilometri al secondo e vaporizzano già nella sua parte più alta. Il tasso di meteore osservabili varia da anno in anno, ma in media si contano 10-20 meteore all'ora. Tuttavia, lo sciame ha riservato sorprese in passato: nel 1982, ad esempio, si registrò un'improvvisa impennata fino a 90 meteore all'ora! Tali variazioni suggeriscono che la struttura del flusso di detriti non sia omogenea, ma piuttosto composta da filamenti di particelle, quali residui di passaggi più recenti della cometa.
Come accennato in precedenza, le Liridi sono anche uno degli sciami più storicamente documentati: osservazioni risalenti alla Cina del 687 a.C. descrivono "stelle che cadono come pioggia", lasciando intuire che già più di 2600 anni fa l'uomo scrutava con meraviglia questi spettacoli celesti.
(Adattato dal sito www.3bmeteo.com)
Una nuova cometa brillante
Immagine di Rolando Ligustri (© Coelum)
Una nuova cometa sta attirando l'attenzione di astronomi professionisti e amatoriali: si tratta della C/2025 F2 SWAN, scoperta di recente grazie alle immagini della camera SWAN (Solar Wind Anisotropies), montata a bordo della sonda SOHO, frutto della collaborazione tra NASA ed ESA. Prima di ricevere la designazione ufficiale dal Minor Planet Center, la cometa era
conosciuta con il nome provvisorio SWAN25F. Uno dei co-scopritori è l'astrofilo australiano Michael Mattiazzo, che aveva già individuato una cometa nel 2020 utilizzando lo stesso metodo, ovvero analizzando le immagini SWAN pubblicamente accessibili. Dopo la conferma è stata ribattezzata col nome sopra riportato.
La cometa è molto promettente e la sua luminosità è già stata valutata tra l'8ª e la 9ª magnitudine. Il perielio è previsto il 1º maggio, con un passaggio a circa 50 milioni di km dal Sole. In quel momento la cometa potrebbe anche raggiungere la 5ª magnitudine, forse addirittura la 4ª, diventando teoricamente visibile ad occhio nudo. Le condizioni prospettiche però ben difficilmente permetteranno di avvistarla senza strumenti. Certamente sarà visibile al binocolo sotto cieli bui. Attualmente si trova all'interno della parte nord-orientale del Quadrato di Pegaso, mentre dal 13 aprile si trasferirà in Andromeda. Occorre anche ricordare in questi giorni la luna disturba non poco le osservazioni e lo farà fino a dopo il 20 aprile. In questo periodo le sessioni osservative andranno condotte poco prima del termine della notte astronomica, dal momento che Pegaso si troverà poco al di sopra dell'orizzonte orientale. Dal giorno 25, con la Luna Nuova, troveremo la cometa in condizioni migliori dopo il tramonto tra le stelle del Triangolo, anche se sarà sempre più bassa sull'orizzonte, tanto che a inizio maggio, quando si avvicinerà alle Pleiadi, sarà molto difficile rintracciarla.
Secondo il professor Paul Wiegert del dipartimento di fisica e astronomia della Western
University (Canada), si ritiene che C/2025 F2 provenga dalla Nube di Oort, una regione remota
del sistema solare popolata da miliardi di corpi ghiacciati, situata tra le 2000 e le 5000 UA.
La cometa è stata già fotografata da diversi astrofili, fra cui il noto astrofotografo Rolando Ligustri, che ha utilizzato un telescopio remoto sito nello Utah.
La ⇒ cartina pubblicata, adattata dal mensile Coelum, mostra le posizioni della cometa ogni 3 giorni a partire dall'11 aprile.
L'asteroide 2024 YR4
Immagine dell'asteroide 2024 YR4 ripreso dal JWST (Agenzia Spaziale Europea)
Il telescopio spaziale James Webb ha catturato immagini dell'asteroide che, all'inizio di quest'anno, aveva fatto preoccupare gli scienziati, finendo in cima alla lista degli oggetti potenzialmente pericolosi per la Terra.
Scoperto alla fine del 2023, l'asteroide 2024 YR4 era stato inizialmente valutato con una probabilità del 3% di impattare la Terra nel 2032. Ma successive osservazioni hanno permesso agli scienziati di ridurre praticamente a zero questo rischio, dove rimane tuttora. Resta però una lieve
possibilità che possa colpire la Luna. Questo asteroide compie un passaggio vicino alla Terra ogni quattro anni.
La NASA e l'Agenzia Spaziale Europea hanno diffuso mercoledì le immagini riprese da Webb, in cui l'asteroide appare come un piccolo punto sfocato. Secondo le due agenzie spaziali, Webb ha confermato che l'asteroide misura circa 60 metri di diametro, più o meno come un edificio di 15
piani. Ed è altresì l'oggetto più piccolo mai osservato da questo osservatorio, il più grande e potente mai lanciato nello spazio (© Coelum).
Una galassia ... senza stelle
(Immagine pubblicata da Sky & Telescope)
Gli astronomi hanno individuato qualcosa di veramente bizzarro: una galassia che sembra costituita unicamente da gas!
La galassia, denominata J0613+52 è stata individuata in base a una survey sulla distribuzione di idrogeno neutro in circa 350 deboli oggetti diffusi denominati "galassie a bassa luminanza superficiale". Queste galassie sono almeno una magnitudine più deboli del naturale chiarore ambientale del cielo notturno. Di fatto contengono pochissime stelle che le rendono veramente difficili da scoprire coi telescopio operanti in luce visibile; per questo motivo gli astronomi vanno alla ricerca dei deboli bagliori del gas tramite radiotelescopi.
Questa galassia oscura è situata a una distanza di 270 milioni di km nella dell'Auriga (subito a nord del pentagono caratteristico di questa costellazione) e se fosse osservata visualmente a una distanza ravvicinata apparirebbe in cielo come una chiazza vuota senza alcuna struttura. Eppure contiene una quantità d'idrogeno equivalente a oltre un miliardo di stelle che sembra ruotare in modo ordinato, come se si trattasse di una comune galassia spirale.
L'illustrazione pubblicata mostra la galassia nei falsi colori che ne indicano la rotazione (la parte rossa è ovviamente quella in allontanamento, quella blu in avvicinamento) ed è stata ottenuta utilizzando il campo stellare ottenuto da una lastra POSS-II dello Space Telescope Science Institute.
Una planetaria scoperta da astrofili
(© Steven Bellavia)
Non sarà facile reperire immagini di quest'oggetto, dal momento che si tratta di una scoperta abbastanza recente a opera dagli astrofili Xavier Strottner e Marcel Drechsler nella costellazione del Toro. L'astrofilo francese Strottner ha stilato un catalogo (St) contenente 67 nebulose planetarie, mentre l'astrofilo tedesco Drechsler ne ha elencate 37 nel suo personale (Dr). Assieme al veterano della California Dana Patchick, il gruppo di astronomi hanno scoperta questa nebulosa utilizzando i dati multi-lunghezza d'onda dell'Aladin Sky Atlas. Costoro hanno già collezionato una 30-ina di planetarie nel catalogo congiunto denominato (St-Dr), di cui 4 sono state confermate, mentre le rimanenti attendono conferma da ulteriori osservazioni dei loro spettri.
Peter Goodhew, un astrofilo londinese che opera tramite un telescopio remoto in Spagna, ha ripreso la prima immagine di of St-Dr-1 con più di 16 ore di esposizione.
L'autore dell'immagine pubblicata ha utilizzato un telescopio da 114 mm aperto a F/4 in parte autocostruito e modificato per questo tipo di ricerca.
E' bello sapere che astrofili seri e motivati continuano a fare scoperte, e che queste possono essere confermate anche con strumentazione modesta!
Un asteroide potenzialmente pericoloso
© Coelum
L'asteroide 2006 QV89 in questi primi mesi del 2019 ha attratto periodicamente l'attenzione dei media perché, come riportato dal sistema di monitoraggio Sentry della NASA, esiste una probabilità — seppure molto bassa e pari a 1 su 8300 — che possa collidere con la Terra nel periodo 2019-2117. In particolare, il prossimo flyby con la Terra è previsto attorno al 9 settembre di quest'anno, ed è su questa data che si è focalizzata l'attenzione dei media, che hanno attribuito la probabilità di collisione cumulativa a quest'unico giorno. Per certi aspetti il caso di 2006 QV89 è simile a quello dell'asteroide 2012 TC4. Cerchiamo di capire come stanno davvero le cose e se 2006 QV89 costituisce un reale pericolo per la Terra.
2006 QV89 è un piccolo asteroide di circa 30 metri di diametro scoperto il 29 agosto 2006 dalla Catalina Sky Survey, il programma di monitoraggio dei NEA del Lunar and Planetary Laboratory dell'Università di Tucson (Arizona). Al momento della scoperta l'asteroide aveva una magnitudine apparente di +18.9, un oggetto debole quindi, ma non particolarmente difficile per i telescopi al suolo. Dalla determinazione dell'orbita eliocentrica sappiamo che 2006 QV89 si muove su un'orbita moderatamente ellittica, che giace su un piano a bassissima inclinazione sull'Eclittica (poco più di 1 grado), con semiasse maggiore di 1,192 UA e che impiega 475 giorni per una rivoluzione completa. Si tratta di un oggetto di tipo "Apollo", con orbita quasi del tutto esterna a quella della Terra.
Nella stessa circolare che ne annunciava la scoperta assieme agli elementi orbitali, è riportata anche la cosiddetta MOID (Minimum Orbit Intersection Distance), ossia la minima distanza possibile fra le orbite della Terra e dell'asteroide. Nel caso di 2006 QV89 si ha MOID pari a circa 15.000 km. Questo asteroide può passare davvero molto vicino alla Terra se i due corpi celesti si trovano contemporaneamente al nodo discendente dell'orbita di 2006 QV89. Nel caso improbabile di collisione, considerato il piccolo diametro, l'asteroide probabilmente si frammenterebbe durante il passaggio in atmosfera e al suolo arriverebbero solo grossi frammenti, ciascuno con una massa di decine o centinaia di kg.
I pianeti posso realmente foggiare il nostro destino
Come sarà quasi certamente capitato a ogni astrofilo, anch'io ho dovuto sperimentare più di una volta la seccatura di essere definito "astrologo". E pazientemente cerco sempre di spiegare che l'astronomia è lo studio dell'Universo, mentre l'astrologia è la pretesa che questo Universo abbia il controllo della nostra vita. Limitandoci al caso del Sistema Solare sappiamo che in realtà non c'è alcun motivo per cui la posizione dei pianeti alla nostra nascita debba influenzare il corso della nostra esistenza. Tuttavia — e questo non ha nulla a che vedere con l'astrologia — pare assodato che il moto dei pianeti abbia fortemente influenzato la storia dell'uomo.
Per parecchi milioni di anni i cambiamenti climatici in Africa hanno ripetutamente foggiato l'evoluzione umana; queste variazioni climatiche, dovute all'influenza non solo della Luna, ma anche dei pianeti giganti Giove e Saturno, sono legate a complesse serie di oscillazioni ritmiche, sia dell'orbita terrestre, sia della rotazione terrestre attorno al proprio asse. Alcuni aspetti importanti e innovativi dell'evoluzione come la postura eretta, l'utilizzo del fuoco (siamo gli unici viventi riusciti a produrre e addomesticare il fuoco per una molteplicità di scopi) e l'aumento di dimensioni del cervello rispetto agli altri primati sembrano legati a rapide alterazioni climatiche occorse in un lontano passato. Grazie a queste si sono potute sviluppare la scienza e la tecnologia che hanno permesso all'uomo di scoprire la sua lunga storia.
Oggi, ironia della sorte, è proprio la tecnologia sviluppatasi grazie ai cambiamenti climatici a minacciare la nostra esistenza: difficile quantizzare in quale misura (variazioni climatiche avvengono comunque e indipendentemente dall'attività umana); ma sicuramente non stiamo aiutando la natura a proteggerci al meglio.
È ovvio che se l'astrologia non può certo darci una mano, l'astronomia può invece farlo. Allargando l'ambito delle nostre conoscenze e sfruttando l'immensa capacità di adattamento dell'uomo, è possibile puntare sull'esplorazione planetaria per meglio capire il nostro clima ed essere quindi in grado di reagire in modo efficace alle sfide si presentano oggi e forse ancora più in futuro.