
Immagine dell'HST Il 12 gennaio 2025 Marte ha raggiunto il punto più vicino alla Terra dal 2022, e il 16 gennaio raggiungerà l'opposizione. Si tratta di un allineamento particolare e al tempo stesso un momento ideale per osservarlo: quando infatti un pianeta esterno si trova opposto al Sole risulta più grande e luminoso, e rimane visibile per tutta la notte. Per i pianeti esterni, l'opposizione planetaria avviene grosso modo una volta ogni anno, o poco più, dal momento che il moto orbitale di questi pianeti è molto lento rispetto a quello della Terra. Marte invece si trova relativamente vicino (la minima distanza è pari a 56 milioni di km) e quindi la Terra impiega più tempo a "superarlo". Gli incontri si verificano pertanto mediamente ogni 26 mesi (poco più di 2 anni).
L'opposizione di quest'anno non è certo delle più favorevoli, dal momento che la distanza del pianeta rosso sarà di 96 milioni di km. Il dischetto planetario presenterà un diametro di 14.5 arcosecondi e una luminosità di magnitudo -1.4. Durante una grande opposizione, che si verifica mediamente 15-17 anni, il diametro del pianeta può raggiungere i 25" con una luminosità di -2.8, comparabile a quella di Giove! Questo è avvenuto nel 2003 e successivamente nel 2018. Solo per curiosità, se volete determinare con ottima approssimazione le dimensioni apparenti di Marte è sufficiente dividerne il diametro reale (6780 km) per la distanza (96 milioni di km) e moltiplicare il tutto per 206000.
Anche se piccolo, vale comunque la pena osservare qualche dettaglio della sua superficie. Con un rifrattore da 10cm a 200x il pianeta si presenta con un diametro apparente pari a una volta e mezza le dimensioni della luna piena.
La cometa 29P/Schwassmann-Wachmann
Percorso della Schwassmann-Wachmann
In mancanza di soggetti più luminosi possiamo concentrarc su una vecchia conoscenza che periodicamente e almeno una volta all'anno (ma a volte anche più di una) è interessata da outburst che portano spesso la sua luminosità dalla 15ª grandezza alla 11ª-12ª. Si tratta dunque di un bersaglio non semplice per l'osservazione visuale, ma nemmeno impossibile nei momenti di maggior luminosità, a patto di possedere un telescopio di almeno 20 cm di diametro, nonché di osservare sotto un cielo preservato dall'inquinamento luminoso. Ovviamente gli outburst avvengono inaspettatamente e quindi l'osservazione potrebbe rivelarsi infruttuosa. Non del tutto però, perché tenere monitorata una cometa è sempre utile per la comunità di appassionati. E poi chissà, potremo magari essere i primi a diffondere la notizia di un nuovo evento di questo tipo. L'ultima volta si è verificato abbastanza recentemente, ossia nei primi giorni di gennaio di quest'anno. La 29P si muoverà entro i confini del Leone, poco sotto Regolo, raggiungendo la massima altezza attorno alla mezzanotte nel mese di febbraio (ma sarà osservabile anche nelle ore precedenti o successive). La cartina pubblicata mostra le stelle sino alla 12-esima grandezza e il percorso della cometa durante il mese di febbraio. C'è dunque qualche ardito che vuole intraprendere la sfida?
(adattato da Coelum)
Una galassia ... senza stelle
(Immagine pubblicata da Sky & Telescope)
Gli astronomi hanno individuato qualcosa di veramente bizzarro: una galassia che sembra costituita unicamente da gas!
La galassia, denominata J0613+52 è stata individuata in base a una survey sulla distribuzione di idrogeno neutro in circa 350 deboli oggetti diffusi denominati "galassie a bassa luminanza superficiale". Queste galassie sono almeno una magnitudine più deboli del naturale chiarore ambientale del cielo notturno. Di fatto contengono pochissime stelle che le rendono veramente difficili da scoprire coi telescopio operanti in luce visibile; per questo motivo gli astronomi vanno alla ricerca dei deboli bagliori del gas tramite radiotelescopi.
Questa galassia oscura è situata a una distanza di 270 milioni di km nella dell'Auriga (subito a nord del pentagono caratteristico di questa costellazione) e se fosse osservata visualmente a una distanza ravvicinata apparirebbe in cielo come una chiazza vuota senza alcuna struttura. Eppure contiene una quantità d'idrogeno equivalente a oltre un miliardo di stelle che sembra ruotare in modo ordinato, come se si trattasse di una comune galassia spirale.
L'illustrazione pubblicata mostra la galassia nei falsi colori che ne indicano la rotazione (la parte rossa è ovviamente quella in allontanamento, quella blu in avvicinamento) ed è stata ottenuta utilizzando il campo stellare ottenuto da una lastra POSS-II dello Space Telescope Science Institute.
Una planetaria scoperta da astrofili
(© Steven Bellavia)
Non sarà facile reperire immagini di quest'oggetto, dal momento che si tratta di una scoperta abbastanza recente a opera dagli astrofili Xavier Strottner e Marcel Drechsler nella costellazione del Toro. L'astrofilo francese Strottner ha stilato un catalogo (St) contenente 67 nebulose planetarie, mentre l'astrofilo tedesco Drechsler ne ha elencate 37 nel suo personale (Dr). Assieme al veterano della California Dana Patchick, il gruppo di astronomi hanno scoperta questa nebulosa utilizzando i dati multi-lunghezza d'onda dell'Aladin Sky Atlas. Costoro hanno già collezionato una 30-ina di planetarie nel catalogo congiunto denominato (St-Dr), di cui 4 sono state confermate, mentre le rimanenti attendono conferma da ulteriori osservazioni dei loro spettri.
Peter Goodhew, un astrofilo londinese che opera tramite un telescopio remoto in Spagna, ha ripreso la prima immagine di of St-Dr-1 con più di 16 ore di esposizione.
L'autore dell'immagine pubblicata ha utilizzato un telescopio da 114 mm aperto a F/4 in parte autocostruito e modificato per questo tipo di ricerca.
E' bello sapere che astrofili seri e motivati continuano a fare scoperte, e che queste possono essere confermate anche con strumentazione modesta!
Un asteroide potenzialmente pericoloso
© Coelum
L'asteroide 2006 QV89 in questi primi mesi del 2019 ha attratto periodicamente l'attenzione dei media perché, come riportato dal sistema di monitoraggio Sentry della NASA, esiste una probabilità — seppure molto bassa e pari a 1 su 8300 — che possa collidere con la Terra nel periodo 2019-2117. In particolare, il prossimo flyby con la Terra è previsto attorno al 9 settembre di quest'anno, ed è su questa data che si è focalizzata l'attenzione dei media, che hanno attribuito la probabilità di collisione cumulativa a quest'unico giorno. Per certi aspetti il caso di 2006 QV89 è simile a quello dell'asteroide 2012 TC4. Cerchiamo di capire come stanno davvero le cose e se 2006 QV89 costituisce un reale pericolo per la Terra.
2006 QV89 è un piccolo asteroide di circa 30 metri di diametro scoperto il 29 agosto 2006 dalla Catalina Sky Survey, il programma di monitoraggio dei NEA del Lunar and Planetary Laboratory dell'Università di Tucson (Arizona). Al momento della scoperta l'asteroide aveva una magnitudine apparente di +18.9, un oggetto debole quindi, ma non particolarmente difficile per i telescopi al suolo. Dalla determinazione dell'orbita eliocentrica sappiamo che 2006 QV89 si muove su un'orbita moderatamente ellittica, che giace su un piano a bassissima inclinazione sull'Eclittica (poco più di 1 grado), con semiasse maggiore di 1,192 UA e che impiega 475 giorni per una rivoluzione completa. Si tratta di un oggetto di tipo "Apollo", con orbita quasi del tutto esterna a quella della Terra.
Nella stessa circolare che ne annunciava la scoperta assieme agli elementi orbitali, è riportata anche la cosiddetta MOID (Minimum Orbit Intersection Distance), ossia la minima distanza possibile fra le orbite della Terra e dell'asteroide. Nel caso di 2006 QV89 si ha MOID pari a circa 15.000 km. Questo asteroide può passare davvero molto vicino alla Terra se i due corpi celesti si trovano contemporaneamente al nodo discendente dell'orbita di 2006 QV89. Nel caso improbabile di collisione, considerato il piccolo diametro, l'asteroide probabilmente si frammenterebbe durante il passaggio in atmosfera e al suolo arriverebbero solo grossi frammenti, ciascuno con una massa di decine o centinaia di kg.
I pianeti posso realmente foggiare il nostro destino
Come sarà quasi certamente capitato a ogni astrofilo, anch'io ho dovuto sperimentare più di una volta la seccatura di essere definito "astrologo". E pazientemente cerco sempre di spiegare che l'astronomia è lo studio dell'Universo, mentre l'astrologia è la pretesa che questo Universo abbia il controllo della nostra vita. Limitandoci al caso del Sistema Solare sappiamo che in realtà non c'è alcun motivo per cui la posizione dei pianeti alla nostra nascita debba influenzare il corso della nostra esistenza. Tuttavia — e questo non ha nulla a che vedere con l'astrologia — pare assodato che il moto dei pianeti abbia fortemente influenzato la storia dell'uomo.
Per parecchi milioni di anni i cambiamenti climatici in Africa hanno ripetutamente foggiato l'evoluzione umana; queste variazioni climatiche, dovute all'influenza non solo della Luna, ma anche dei pianeti giganti Giove e Saturno, sono legate a complesse serie di oscillazioni ritmiche, sia dell'orbita terrestre, sia della rotazione terrestre attorno al proprio asse. Alcuni aspetti importanti e innovativi dell'evoluzione come la postura eretta, l'utilizzo del fuoco (siamo gli unici viventi riusciti a produrre e addomesticare il fuoco per una molteplicità di scopi) e l'aumento di dimensioni del cervello rispetto agli altri primati sembrano legati a rapide alterazioni climatiche occorse in un lontano passato. Grazie a queste si sono potute sviluppare la scienza e la tecnologia che hanno permesso all'uomo di scoprire la sua lunga storia.
Oggi, ironia della sorte, è proprio la tecnologia sviluppatasi grazie ai cambiamenti climatici a minacciare la nostra esistenza: difficile quantizzare in quale misura (variazioni climatiche avvengono comunque e indipendentemente dall'attività umana); ma sicuramente non stiamo aiutando la natura a proteggerci al meglio.
È ovvio che se l'astrologia non può certo darci una mano, l'astronomia può invece farlo. Allargando l'ambito delle nostre conoscenze e sfruttando l'immensa capacità di adattamento dell'uomo, è possibile puntare sull'esplorazione planetaria per meglio capire il nostro clima ed essere quindi in grado di reagire in modo efficace alle sfide si presentano oggi e forse ancora più in futuro.