
Posizioni della Terra nel corso dell'anno (thinkdonna.it) Quest'anno l'equinozio d'autunno si verificherà il 23 settembre alle 8:49 ora italiana. Non sempre però tale equinozio cade il giorno 23: ad esempio nel 2020 e 2021 si è verificato il giorno prima.
Ricordiamo che l'equatore celeste è una proiezione dell'equatore terrestre nel cielo. Durante questo evento il Sole transiterà direttamente allo zenit a mezzogiorno per coloro che vivono per l'appunto lungo l'equatore, da Nairobi a Quito a Singapore. A mezzogiorno locale, quando il sole passa sopra la testa, i residenti di quelle località non saranno dunque in grado di evitare di calpestare le loro ombre! Lo stesso giorno al Polo Nord e al Polo Sud si vedrà l'astro diurno lambire l'orizzonte, percorrendolo completamente nel corso delle 24 ore. Ma al di fuori dei poli, durante l'equinozio il Sole sorgerà esattamente a est e tramonterà esattamente a ovest in qualunque zona della Terra (all'equatore ciò avviene tutti i giorni dell'anno).
La cometa Nishimura (C/2023 P1).
Una delle prime immagini della cometa. In alto si nota la planetaria NGC 2392, mentre la gx a ridosso sulla dx è la UGC 3873
Pare promettere bene questa nuova cometa scoperta dall'astrofilo Hideo Nishimura lo scorso 12 agosto quando era un oggetto di 11-esima grandezza situato nella costellazione dei Gemelli. Si tratta della sua 3ª scoperta dopo quella del 1994 (Nakamura-Nishimura-Machholz, ossia la C/1994 N1) e quella più recente e quella più recente del 2021 (C/2021 O1). Il 15 agosto la cometa era già divenuta più brillante di circa una magnitudo e da allora continua ad aumentare di luminosità. Se le previsioni sono corrette — sempre da prendere con beneficio d'inventario quando si parla di questi oggetti — dovrebbe arrivare alla magnitudo 4, rendendosi facilmente visibile a occhio nudo prima di immergersi nei bagliori del sole. Purtroppo però la sua altezza diminuirà drasticamente man mano che si avvicinerà al perielio previsto per il 18 settembre. Sarà quindi cruciale avere l'orizzonte orientale completamente libero da ostacoli.
Percorso della cometa sino al 21 settembre (dal sito starwalk.space).
Il passaggio al perielio sarà un momento cruciale per questo visitatore proveniente dalla Nube di Oort, in quanto passerà ad appena 0.2 UA (circa 30 milioni di km) dal sole, vale a dire ben all'interno dell'orbita di Mercurio. C'è quindi la seria possibilità che l'oggetto non sopravviva all'intenso calore emanato dalla nostra stella e finisca in pezzi. Ma se dovesse rimanere intatta la potremo riosservare una volta emersa nel crepuscolo serotino subito dopo il tramonto nella costellazione della Vergine, anche se non sarà facile per gli osservatori situati alle nostre latitudini.
Per l'osservazione visuale si raccomanda un filtro interferenziale Swan, soprattutto per la parte più interna della chioma, dal momento che si tratta di una cometa molto ricca in carbonio.
Una planetaria scoperta da astrofili
(© Steven Bellavia)
Non sarà facile reperire immagini di quest'oggetto, dal momento che si tratta di una scoperta abbastanza recente a opera dagli astrofili Xavier Strottner e Marcel Drechsler nella costellazione del Toro. L'astrofilo francese Strottner ha stilato un catalogo (St) contenente 67 nebulose planetarie, mentre l'astrofilo tedesco Drechsler ne ha elencate 37 nel suo personale (Dr). Assieme al veterano della California Dana Patchick, il gruppo di astronomi hanno scoperta questa nebulosa utilizzando i dati multi-lunghezza d'onda dell'Aladin Sky Atlas. Costoro hanno già collezionato una 30-ina di planetarie nel catalogo congiunto denominato (St-Dr), di cui 4 sono state confermate, mentre le rimanenti attendono conferma da ulteriori osservazioni dei loro spettri.
Peter Goodhew, un astrofilo londinese che opera tramite un telescopio remoto in Spagna, ha ripreso la prima immagine di of St-Dr-1 con più di 16 ore di esposizione.
L'autore dell'immagine pubblicata ha utilizzato un telescopio da 114 mm aperto a F/4 in parte autocostruito e modificato per questo tipo di ricerca.
E' bello sapere che astrofili seri e motivati continuano a fare scoperte, e che queste possono essere confermate anche con strumentazione modesta!
Un asteroide potenzialmente pericoloso
© Coelum
L'asteroide 2006 QV89 in questi primi mesi del 2019 ha attratto periodicamente l'attenzione dei media perché, come riportato dal sistema di monitoraggio Sentry della NASA, esiste una probabilità — seppure molto bassa e pari a 1 su 8300 — che possa collidere con la Terra nel periodo 2019-2117. In particolare, il prossimo flyby con la Terra è previsto attorno al 9 settembre di quest'anno, ed è su questa data che si è focalizzata l'attenzione dei media, che hanno attribuito la probabilità di collisione cumulativa a quest'unico giorno. Per certi aspetti il caso di 2006 QV89 è simile a quello dell'asteroide 2012 TC4. Cerchiamo di capire come stanno davvero le cose e se 2006 QV89 costituisce un reale pericolo per la Terra.
2006 QV89 è un piccolo asteroide di circa 30 metri di diametro scoperto il 29 agosto 2006 dalla Catalina Sky Survey, il programma di monitoraggio dei NEA del Lunar and Planetary Laboratory dell'Università di Tucson (Arizona). Al momento della scoperta l'asteroide aveva una magnitudine apparente di +18.9, un oggetto debole quindi, ma non particolarmente difficile per i telescopi al suolo. Dalla determinazione dell'orbita eliocentrica sappiamo che 2006 QV89 si muove su un'orbita moderatamente ellittica, che giace su un piano a bassissima inclinazione sull'Eclittica (poco più di 1 grado), con semiasse maggiore di 1,192 UA e che impiega 475 giorni per una rivoluzione completa. Si tratta di un oggetto di tipo "Apollo", con orbita quasi del tutto esterna a quella della Terra.
Nella stessa circolare che ne annunciava la scoperta assieme agli elementi orbitali, è riportata anche la cosiddetta MOID (Minimum Orbit Intersection Distance), ossia la minima distanza possibile fra le orbite della Terra e dell'asteroide. Nel caso di 2006 QV89 si ha MOID pari a circa 15.000 km. Questo asteroide può passare davvero molto vicino alla Terra se i due corpi celesti si trovano contemporaneamente al nodo discendente dell'orbita di 2006 QV89. Nel caso improbabile di collisione, considerato il piccolo diametro, l'asteroide probabilmente si frammenterebbe durante il passaggio in atmosfera e al suolo arriverebbero solo grossi frammenti, ciascuno con una massa di decine o centinaia di kg.
I pianeti posso realmente foggiare il nostro destino
Come sarà quasi certamente capitato a ogni astrofilo, anch'io ho dovuto sperimentare più di una volta la seccatura di essere definito "astrologo". E pazientemente cerco sempre di spiegare che l'astronomia è lo studio dell'Universo, mentre l'astrologia è la pretesa che questo Universo abbia il controllo della nostra vita. Limitandoci al caso del Sistema Solare sappiamo che in realtà non c'è alcun motivo per cui la posizione dei pianeti alla nostra nascita debba influenzare il corso della nostra esistenza. Tuttavia — e questo non ha nulla a che vedere con l'astrologia — pare assodato che il moto dei pianeti abbia fortemente influenzato la storia dell'uomo.
Per parecchi milioni di anni i cambiamenti climatici in Africa hanno ripetutamente foggiato l'evoluzione umana; queste variazioni climatiche, dovute all'influenza non solo della Luna, ma anche dei pianeti giganti Giove e Saturno, sono legate a complesse serie di oscillazioni ritmiche, sia dell'orbita terrestre, sia della rotazione terrestre attorno al proprio asse. Alcuni aspetti importanti e innovativi dell'evoluzione come la postura eretta, l'utilizzo del fuoco (siamo gli unici viventi riusciti a produrre e addomesticare il fuoco per una molteplicità di scopi) e l'aumento di dimensioni del cervello rispetto agli altri primati sembrano legati a rapide alterazioni climatiche occorse in un lontano passato. Grazie a queste si sono potute sviluppare la scienza e la tecnologia che hanno permesso all'uomo di scoprire la sua lunga storia.
Oggi, ironia della sorte, è proprio la tecnologia sviluppatasi grazie ai cambiamenti climatici a minacciare la nostra esistenza: difficile quantizzare in quale misura (variazioni climatiche avvengono comunque e indipendentemente dall'attività umana); ma sicuramente non stiamo aiutando la natura a proteggerci al meglio.
È ovvio che se l'astrologia non può certo darci una mano, l'astronomia può invece farlo. Allargando l'ambito delle nostre conoscenze e sfruttando l'immensa capacità di adattamento dell'uomo, è possibile puntare sull'esplorazione planetaria per meglio capire il nostro clima ed essere quindi in grado di reagire in modo efficace alle sfide si presentano oggi e forse ancora più in futuro.