Dreyer e il catalogo NGC
(Nuovo Orione, Febbraio 2006)

John Louis Emil Dreyer

L'astronomo danese Tycho Brahe
(© J. Pianella i Coromina)
Fra i numerosi cataloghi che campeggiano negli osservatori e nelle biblioteche sono prevalentemente due quelli che fanno la parte del leone e che sono maggiormente utilizzati sia dai professionisti sia dai dilettanti: il primo è catalogo HD, contenente la posizione di 225.300 stelle e che si riferisce a The Henry Draper Catalog; l'altro, forse in assoluto il più usato, è il celebre NGC, ossia The New General Catalog con i suoi 2 Index Catalog (IC) aggiunti in un secondo tempo.
Autore dell'NGC è John Louis Emil Dreyer che in molti circoli culturali è noto per essere stato il biografo di Tycho Brahe e in effetti si narra che fosse stata proprio questa forma di devozione verso il grande astronomo danese, maturata sin dalla fanciullezza, a far intraprendere a Dreyer gli studi astronomici. Questi, in particolare, era sempre stato colpito dalla meticolosità con cui il suo conterraneo registrava ciò che osservava in cielo.
Dreyer nacque a Copenaghen nel 1852 e, una volta compiuti gli studi superiori, si iscrisse alla locale facoltà di astronomia, dove fu dapprima allievo e in seguito collaboratore di Heinrich d'Arrest all'osservatorio di quella città. Laureatosi all'università di Copenhagen a soli 22 anni, lasciò nel 1874 la Danimarca per stabilirsi in Irlanda, dove divenne assistente di Lord Rosse a Birr Castle. Il III Conte di Rosse aveva costruito nel 1845 il suo leviatano da 1.80 metri che il neoassunto astronomo danese ebbe il privilegio di poter utilizzare, pur con tutti i problemi che poteva dare uno strumento del genere. Dreyer rimase 4 anni a Birr e fu l'ultimo a usare con una certa regolarità quello che allora era il più grande telescopio del mondo.

Il 3º Conte di Rosse (National Portrait Gallery, Londra)
L'esperienza di Dreyer a Birr fu indimenticabile e non fece che acuminare il suo interesse per le nebulose, come venivano allora comunemente designati gli oggetti diffusi non risolvibili in stelle. Nel 1877 presentò all'Accademia Reale d'Irlanda una prima lista di 1.136 nuovi oggetti, alcuni dei quali scoperti a Birr da lui stesso, altri da valenti astronomi come d'Arrest che, dopo i due Herschel, era stato uno dei più assidui osservatori di nebulose.
Nel 1882 Dreyer divenne direttore del rinomato osservatorio irlandese di Armagh, dove nel 1885 aveva fatto costruire il rifrattore Grubb da 10 pollici. Oramai il "mostro" di Persontown era andato definitivamente in pensione ed era quindi tempo per stilare un consuntivo di tutte le più importanti osservazioni deepsky eseguite nel mondo. Una delle prime survey regolari del cielo era stata compiuta da W. Herschel con un riflettore da 40 pollici. Questi, nel 1783 aveva pubblicato una prima lista di 1000 oggetti; nel 1789 ne aggiunse ancora un migliaio e nel 1802 coronò definitivamente la sua carriera con altri 500. John Herschel, figlio di William, estese la survey iniziata dal padre al cielo meridionale, istallando un telescopio da 46 cm. al Capo di Buona Speranza. Qui scoprì altri oggetti, fra cui la nebulosità di Eta Carinae immortalata in un celebre disegno divenuto storico. Nel 1863, raccogliendo le osservazioni sue, del padre e di altri, redasse un primo importante catalogo, il Catalogue of Nebulae and Clusters che comprendeva ben 5.096 oggetti non stellari.

William Herschel
Quando nel dicembre 1886 Dreyer presentò alla Società Astronomica Reale un supplemento alla lista del 1877, gli venne proposto di riunire tutto il materiale osservativo fornito da lui, dagli Herschel e da altri per formare un nuovo catalogo generale. Dreyer accettò l'incarico, ma la mole di lavoro, in un'epoca dove l'informatica non apparteneva neppure alla fantascienza, era immane. Gli ci volle oltre un anno di febbrile lavoro per presentare alla Società la nuova opera che s'intitolava A New General Catalogue of Nebulae and Clusters and Stars, being the catalogue of Sir John Herschel, revised, corrected and enlarged.
Agli oggetti fu attribuito un numero crescente per ascensione retta e per distanza dal polo nord celeste, oltre alla designazione dei cataloghi preesistenti, più una sommaria descrizione. Queste descrizioni sono familiari anche fra noi astrofili e sono redatte sotto forma di una codifica che al primo momento può apparire disorientante e per la quale rimandiamo a un'apposita tavola che ne spiega la chiave interpretativa; è importante, però, sottolineare che questo sistema di stenografia astronomica non è stato inventato dal Dreyer, perché qualcosa di simile era già stato introdotto da J. Herschel nel suo catalogo. In un simulato flashback possiamo immaginare il grande astronomo tedesco all'oculare del suo riflettore con obiettivo in speculum (una lega simile al bronzo che rifletteva sì e no il 60% della luce) che nel buio della notte dettava sommarie descrizioni a un assistente che prendeva scrupolosamente nota al lume di candela!
Alcune di queste descrizioni sono immediate e intuitive, come quella della famosa M51 (NGC 5194), ossia:
!!!, Great Spiral Neb

altre sono decisamente più misteriose, come quella relativa a M74 (NGC 628) che recita:
 
Α,F,vL,R,vg,psmbM,rr

e che tradotto significa: «ammasso globulare, debole, molto esteso, rotondo, dapprima gradualmente e in seguito abbastanza rapidamente più brillante verso l'interno, parzialmente risolto».
John Herschel, figlio di William
Quest'ultima descrizione ci potrebbe sorprendere: tutti sanno che M 74 è una galassia, ma nella seconda metà del secolo scorso, a quanto pare, la sua reale identità non era ancora nota. Lo stesso dicasi per l'ammasso aperto NGC 2136 (invisibile dall'Italia), anch'esso definito come globulare. Si deve infatti tenere presente che quello introdotto era un sistema di classificazione puramente descrittivo, basato sulla semplice indagine visuale e che pertanto prescindeva dalle reali caratteristiche degli oggetti osservati.
Similmente poteva capitare di interpretare come nebulosità la presenza ravvicinata di deboli stelline al limite della risoluzione strumentale. È il motivo che potrebbe spiegare i cosiddetti oggetti perduti, ossia descrizioni che si riferiscono a qualcosa che non è stato più osservato da altri e che sono risultati assenti dalle lastre fotografiche prese successivamente. Uno dei casi emblematici è stato quello di NGC 7088 nell'Aquario segnalato dall'amatore inglese Joseph Buxendell nell'autunno del 1880. Ben presto erano sorti dubbi sulla genuinità di questa osservazione, se non fossero stati al momento dissipati dallo stesso Dreyer quando aveva scritto: «Vasta nebulosa, molto diffusa situata a nord dell'ammasso M2; l'ho vista senza difficoltà col rifrattore da 10 pollici di Armagh. Sembra estendersi circa 35' verso nord dal parallelo condotto dalla stella [situata] 10' nord-seguente [nord-est] di M2». Questa nebulosa non è più stata individuata, neppure sulle moderne lastre del Palomar (vedi) che, a differenza di quelle prese cent'anni prima, hanno una risposta spettrale completa, non limitata, cioè, alla regione blu dello spettro.
Un'altra cosa relativa alla tavola delle descrizioni che ci potrebbe fare sorridere è il fatto che le stelle vengano talvolta trattate alla stregua degli oggetti diffusi: quando in riferimento a una galassia o una nebulosa si parla di piccolo o grande, usualmente ci si riferisce alle dimensioni angolari; ma le stelle, com'è noto, restano puntiformi a qualunque ingrandimento. Ciò nonostante capita di incontrare sigle come vS*, "stella molto piccola", in riferimento al fatto che è in realtà molto debole, oppure cL*, "stella considerevolmente grande" in riferimento alla sua marcata luminosità. Ancora una volta dobbiamo rapportarci alle impressioni visive del passato: nulla di più naturale nel considerare "piccole" le stelle deboli e "grandi" quelle luminose!
Anche per quanto concerneva l'orientamento degli oggetti nel campo dell'oculare, (Angolo di Posizione) o lo spostamento attraverso il campo oculare dovuto al moto apparente (drifting) si preferiva usare le locuzioni che precede e che segue piuttosto che Ovest e Est, in quanto più semplici e intuitive, specialmente se si considera il fatto che a causa della frazione di luce non indifferente persa nelle riflessioni dello speculum, per aumentare la luminosità delle immagini veniva d sovente rimosso lo specchietto secondario; ne risultava così una scomoda immagine speculare — oltre che capovolta — del soggetto.

Il celebre catalogo NGC 2000
Dreyer non si occupò, però, solo di cielo profondo e di cataloghi; compì anche studi sulle comete e un interessante articolo sulle code multiple di una cometa del 1744, resa famosa dalle osservazioni di P. de Chésaux apparve su Copernicus, un giornale astronomico internazionale che ebbe purtroppo vita breve. Importante fu altresì la biografia del suo idolo giovanile, Tycho Brahe, che fu completata e pubblicata nel 1890, inquadrando in modo eloquente l'astronomo danese nel contesto della vita scientifica e culturale del XVI secolo. Trovò modo di occuparsi anche di cosmologia con una Storia dei Sistemi Planetari da Tolomeo a Keplero.
Ad ogni modo, anche se le ricerche di Dreyer tendevano sempre più a focalizzarsi su problemi storici, egli mantenne uno spiccato interesse per le nebulose e gli ammassi stellari. Una gran quantità di nuovi oggetti veniva scoperta di continuo: nel 1895 questi nuovi arrivati erano già 1529 e furono inseriti nel primo degli Index Catalogue of Nebulae sempre per ascensione retta crescente. In questo catalogo Dreyer si era anche proposto di correggere una molteplicità di errori relativa a tutto il materiale che aveva ereditato. C'erano infatti oggetti che avevano ricevuto una doppia se non addirittura una triplice numerazione, altri che risultavano spostati rispetto alla posizione fornita dagli osservatori, oltre, come prima accennato, a una vasta mèsse di oggetti apparentemente perduti. Il numero di questi ultimo è andato via via crescendo nel corso degli anni. Quando nel 1973 venne pubblicato dall'università dell'Arizona il Revised New General Catalog (RNGC) il numero di questi ... intrusi aveva raggiunto quasi le 800 unità! Ma questa nuova opera non sembra aver avuto seguito tra gli astrofili, soprattutto fra i visualisti desiderosi di ripercorrere le orme dei grandi astronomi del passato.
Nel 1908 furono aggiunti all'Index Catalog altri 1350 voci di lista, sempre scoperti col sistema tradizionale, ossia dell'osservazione visuale. Tuttavia, grazie alla continua affinazione delle tecniche fotografiche nuovi oggetti venivano scoperti a ritmo incalzante e con la pubblicazione di un secondo Index Catalog le aggiunte, rispetto all'originario NGC, arrivarono a 5.386! Al giorno d'oggi il catalogo IC è oramai considerato un semplice ampliamento dell'NGC.
Divenuto presidente della Reale Società Astronomica, Dreyer fece, in occasione di una conferenza, due importanti e significativi discorsi: il primo fu un'epitome del lavoro pionieristico di Arthur Eddington sull'astrofisica; l'altro riguardava la sua intenzione di pubblicare un'edizione critica dei lavori di Newton. Era un progetto ambizioso che avrebbe richiesto moltissimo tempo. Sotto la sponsorizzazione della Società venne pubblicata un'edizione in 7 volumi della corrispondenza di Newton.
Nel 1916 Dreyer si ritirò da Armagh e si trasferì a Oxford, dove aveva a disposizione biblioteche meglio fornite per le sue ricerche storiche. Qui pubblicò la sua autorevole Opera Omnia di Ticone e qui morì nel 1926. Ticho Brahe, il celebre astronomo danese che con le sue osservazioni pre-telescopiche di altissima precisione avrebbe permesso a Keplero di scoprire le sue celebri leggi, aveva dominato la mente del Dreyer nel corso della sua vita.

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