La musica che prediligo
Sono convinto che la bella musica sia veramente un linguaggio universale, una sorta di Esperanto capace di far dialogare e cementare popoli di ogni razza e cultura. La ritengo anche un potente toccasana in grado di esercitare un effetto benefico sull'animo umano. Perché dunque aumentare la propria entropia andando a scuotere le terga ai ritmi assordanti degli affollati locali notturni? È forse un modo per edificarsi e curare il proprio benessere interiore? Non è forse meglio — e più appagante — ritrovarsi fra amici e familiari in una sala da concerto, o nell'intimità di un salotto, per ascoltare e condividere in gioiosa armonia un bel quartetto, una piacevole sinfonia, o un'aria d'opera, mettendo a confronto autori, esecutori e gusti diversi?

Gli autori di musica classica che ascolto con grande passione sono numerosi, ma dal mio personale punto di vista ritengo che tutta la storia della musica poggi su tre imponenti pilastri che definisco, senza alcuna tema d'irriverenza, la «Sacra Trinità»: Bach, Beethoven e Brahms (le tre mitiche e imperiture «B»).
Apprezzo, ad ogni modo, un po' tutta la musica che copre il lungo intervallo di tempo che va all'incirca da Monteverdi a Ravel: è un modo garbato per dire che, salvo rare eccezioni, non amo la musica moderna, e meno che mai quella contemporanea.
Ho sempre ascoltato e amato il Barocco sin da quando ero un bimbetto di tre anni, ma al di sopra tutti i maggiori compositori di quel periodo, Corelli, Vivaldi, Handel, Telemann, vedo ergersi, imponente e monumentale, il sommo Bach che per me ha sempre rappresentato l'incarnazione divina della musica (forse già aleggiava al tempo del Big Bang!).
Giudico Mozart un grande autore sotto ogni punto di vista, soprattutto in relazione alla cospicua mole di lavoro che ha prodotto nel corso della sua breve esistenza: sinfonie, concerti, musica da camera, opere, sonate, messe. Tuttavia alcuni degli ultimi capolavori di Jpseph Haydn, suo conterraneo, li pongo su un piano a volte superiore.
Mi faccio trasportare in estasi dalla musica celestiale di Schubert, la cui più che mai variopinta e copiosa produzione continua a stupirmi. Ma se si verificasse un evento incrociato e mi capitasse di ascoltare una sinfonia di Beethoven subito dopo una del grande compositore austriaco, mi ritroverei d'incanto con i piedi nuovamente ancorati al suolo, come rapito da una incomparabile bellezza della natura. Considero infatti Beethoven un autentico genio del pensiero musicale di tutti i tempi.
Sono un fervido entusiasta del romanticismo frizzante di Mendelssohn e di quello a volte sofferto di Schumann.
Ho sempre trovato eccitante la musica di Brahms che ancora oggi, a distanza di tanti anni, continua a crearmi una forte dipendenza, come una droga! L'effetto è identico, si tratti di una composizione per orchestra, vocale o cameristica. Secondo il mio modesto parere, quella di Brahms rappresenta l'evoluzione naturale della musica beethoveniana.
Riguardo al tanto decantato Ciaikovski, devo dire che il mio interesse verso quest'autore è maggiormente rivolto al balletto (niente male il Lago dei Cigni e soprattutto lo Schiaccianoci) e all'opera (molto bella la Mazepa). Non sono invece mai stato un grande estimatore delle sue sinfonie e dei suoi concerti (eccettuato, se vogliamo, quello famoso per violino), perché a grandi idee musicali e spunti appassionati seguono spesso lungaggini melodiche poco convincenti, almeno per me. Al contrario, seppur confinato in ambiente culturale diverso, trovo molto avvincente e piacevole la produzione di Dvořak, che non per nulla è stato uno degli epigoni di Brahms.
Conscio di andare controcorrente, affermo senza remore che non sopporto Mahler che trovo prolisso e terribilmente noioso, a parte qualche brano appartenente più che altro alla liederistica; le sue "gargantueliche" sinfonie mi richiamano alla mente immense cattedrali edificate senza gusto in mezzo al deserto! Mi domando spesso perché non si è limitato a fare il direttore d'orchestra, un compito che, al contrario, ha sempre svolto egregiamente.
Salvo rari casi come Petrucka o Pulcinella, ho sempre fatto una certa fatica a digerire Stravinski; ad esempio, la celeberrima Sagra della Primavera è realmente una composizione geniale, come ritenuto dalla maggior parte dei critici, o un angoscioso martellamento di pieni d'orchestra? Se vogliamo restare in ambito russo preferisco Prokofiev e, di gran lunga, Mussorgski, pur considerando che quest'ultimo è vissuto un paio di generazioni prima.
Apprezzo la grande tecnica orchestrativa di R. Strauss, nonché il contrappunto rigoroso di Paul Hindemith, anche se non sono propriamente due autori che sceglierei per rilassarmi.
Ho sempre rifiutato di considerare «musica» quella dodecafonica, basata su artificiosi schemi matematici che ingabbiano il compositore.

Oltre a questo ho sempre nutrito una grande amore per la lirica, in particolar modo per Verdi e Puccini. Del primo conosco a memoria una decina di capolavori, primo fra tutti l'Otello che ho sempre definito l'Opera Operarum (all'estremità opposta colloco invece I Vespri Siciliani, forse l'unica opera maestosa del "Peppino" che, escluso il preludio, proprio non mi aggrada). Del secondo conosco molto bene praticamente l'intera produzione, ad eccezione di Edgar e della Rondine: lunga e noiosa la prima, breve e carina la seconda.
Amo molto anche gli operisti francesi, soprattutto Gounoud, Saint Saens e Bizet; meno Berlioz e Massenet.
Sebbene sia stato, assieme al suocero Franz Liszt, fra i detrattori di Brahms, sono costretto a riconoscere il grande talento musicale di R. Wagner, soprattutto in relazione all'opera romantica (Vascello Fantasma, Lohengrin); trovo comunque eccitante tutta la Tetralogia (l'Anello del Nibelungo), nonché sublimi alcune pagine del Tristano e del Parsifal.

Ogni tanto indulgo con piacere in qualche peccatuccio (ma perché poi devo definirlo così?): ebbene sì, mi piacciono i Beatles e ... la musica western.

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